In un mondo sempre più globalizzato aumentano gli scambi commerciali tra Paesi e realtà in alcuni casi totalmente differenti, ed emergono naturalmente anche differenze di ordine religioso e culturale legate alla valutazione e conformità per determinati tipi di prodotti e/o processi.

Il problema, ad esempio, si pone nei mercati di credo islamico dove la certificazione “Halal” assume un’importanza di rilievo pur non essendo obbligatoria ma sicuramente di estrema importanza per poter penetrare tali mercati.

“Halal” è un termine arabo che significa “lecito” o tutto ciò che è permesso secondo l’Islam, il contrario di ciò che è “haram”, “proibito”.

La certificazione “Halal” serve ad attestare che i prodotti delle filiere agroalimentari, dei cosmetici, dei prodotti chimici e farmaceutici, dei prodotti per la cura del corpo e della salute, del settore finanziario e assicurativo, i processi industriali, di trasformazione, compreso la certificazione del packaging, siano conformi alle norme etiche ed igienico sanitarie, della legge e della dottrina dell’Islam, quindi commercializzabili in tutti i Paesi di religione islamica.

Si tratta di una certificazione di qualità, di filiera e di prodotto comprendendo infatti non solo tutti i sistemi di controllo della qualità, le fasi di approvvigionamento delle materie prime o le fasi ed i processi di trasformazione, ma anche la logistica interna e di stoccaggio, il trasporto interno ed esterno fino al raggiungimento della destinazione finale. Sono inoltre coinvolti anche i metodi ed i sistemi di approvvigionamento di mezzi finanziari e di responsabilità sociale.

Nel settore alimentare la certificazione “Halal” garantisce che i cibi - oltre a essere conformi alle normative italiane ed europee in tema di igiene e sicurezza - siano preparati secondo le regole islamiche.

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Per poter definire un prodotto “Halal” è necessario ottenere l’apposita certificazione da uno degli enti accreditati italiani, quale ad esempio la società di certificazione Halal Italia Srl, che opera in sinergia con la Comunità Religiosa Islamica (CO.RE.IS.), autorità islamica più significativa e rappresentativa sul territorio italiano.

Sulla base di un disciplinare emesso dal Comitato Etico di Certificazione Halal della CO.RE.IS (DTP HLL 02) e di procedure standard omologate dalla stessa, la società Halal Italia certifica le aziende italiane in base ai seguenti requisiti:

Assenza di sostanze non conformi: materie prime, ingredienti, additivi, conservanti, coloranti, aromi, coadiuvanti tecnologici, inclusi tutti gli additivi nascosti non dichiarati in etichetta o nella scheda prodotto ma che entrano in contatto con il prodotto o i suoi ingredienti;

Non contaminazione: le sostanze “Halal” non devono venire a contatto con sostanze “Haram” e per evitare contaminazioni o contaminazioni incrociate, è necessario separare le linee produttive nel tempo e/o nello spazio;

Separazione delle linee produttive: strumenti, utensili, macchinari e linee produttive usate per alimenti “Haram” non dovrebbero essere usati per alimenti “Halal”. Laddove ciò non sia possibile, è necessario predisporre adeguata sanificazione prima di procedere alla produzione “Halal”;

Tracciabilità: l’identificazione dei prodotti, delle materie prime, degli ingredienti e dei semilavorati in azienda, così come delle aree e delle linee ad essi adibite, deve essere adeguata, con l’uso di cartelli appositi e/o etichette; mentre la tracciabilità delle produzioni “Halal” deve essere garantita in azienda e fuori azienda;

Etichettatura e logo Halal: applicazione del marchio registrato di proprietà della CO.RE.IS;

Sistema qualità: nel sistema qualità aziendale devono essere inserite procedure interne relative alla certificazione e alla produzione “Halal”;

Formazione: rivolta periodicamente a tutto il personale direttamente interessato.

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L’iter per ottenere la certificazione “Halal” si compone di differenti fasi che prevedono, dapprima la compilazione dell’application form sul sito dell’ente certificatore e successivamente, dopo un primo controllo di idoneità, la stipula del contratto di certificazione, la formazione tecnica degli operatori aziendali, la valutazione documentale, l’audit di certificazione e il relativo rapporto.

A conclusione della procedura è il Comitato Etico che approverà in via definitiva la conformità “Halal” della produzione.

La certificazione “Halal”, ottenuta grazie ad un iter rigoroso di controllo del prodotto e dei processi, garantisce qualità e sicurezza alimentare anche al di là dei confini strettamente religiosi.

I prodotti “Halal” sono apprezzati anche da non musulmani come dimostrato, ad esempio, in Francia e Regno Unito, dove il 36% dei consumatori non è musulmano. Un mercato quello dei prodotti “Halal” che nell’ultimo anno ha fatto registrare un introito a livello globale di circa 2.300 miliardi di dollari e, solo in Europa, si stima che il valore complessivo sia pari a 70 miliardi di dollari.

Un’occasione, dunque, allettante per la nostra filiera dell’agroalimentare, forte di un brand riconosciuto a livello locale e internazionale che può puntare ad un vasto pubblico di consumatori come quello di religione musulmana che, secondo l’inglese Euromonitor, entro il 2030 peserà per il 26% nei consumi mondiali.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Annarita Summo, redazione@exportiamo.it

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