Start up e innovazione - termini abusati e spesso al contempo sviliti – potrebbero essere associati un po’ alla spending review: panacee capaci di accontentare (illudere) tutti, governanti e governati.

Il fenomeno start up è però in continuo divenire e - sempre nell’interesse di tutti, governanti e governati - merita la dovuta attenzione, per il potenziale di sviluppo che ne deriva e per le benefiche ricadute su ricchezza e occupazione per l’intero Paese.

Oggi, il campo ove dimostrare estro, genio e intuizione è quello dell’innovazione e l’Italia ha delle responsabilità nei confronti della storia (la propria innanzitutto) dalla quale non può esimersi, anche se chiaramente l’ecosistema di riferimento è spesso ancora troppo legato ad un approccio tradizionale per favorirne il pieno sviluppo e dispiegamento.

In passato abbiamo avuto modo di approfondire il fenomeno scoprendo che non sono solo i giovani i protagonisti dell’innovazione Made in Italy ed analizzando anche il ruolo fondamentale di incubatori e acceleratori d’impresa, spazi fisici nei quali le professionalità più eterogenee offrono beni e servizi alle neo-imprese per favorirne lo sviluppo e condividerne i rischi imprenditoriali.

Anche per le start up è fondamentale puntare ad andare oltre le alpi o salpare dal Mediterraneo verso il mondo e dopo il successo dello scorso anno con la prima edizione di Napoli, l’ICE-Agenzia in collaborazione con la Regione Puglia, ha organizzato il secondo appuntamento con la Borsa dell’Innovazione e dell’Alta Tecnologia (BIAT) a Bari (11 e il 12 febbraio 2016) presso la Fiera del Levante.

La BIAT rientra tra le iniziative del “Piano Export Sud”, il programma triennale di azioni per la promozione dell’internazionalizzazione e dell’innovazione delle imprese, gestito e coordinato dall’ICE-Agenzia in collaborazione con enti territoriali e sistemi industriali del Mezzogiorno, finanziato dal Piano di Azione Coesione (PAC) messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Il “Piano Export Sud” è in realtà uno dei frutti dell’opera virtuosa tra razionalizzazione e sapiente rastrellamento dei fondi europei, eredità della breve stagione del Ministero per la Coesione Territoriale nel governo Monti. L’elevare al rango ministeriale la questione della coesione territoriale in Italia, rimane in assoluto tra le intuizioni migliori di quella stagione politica che non brilla nel cuore e nei ricordi degli italiani.

Va sottolineato come la differenza è sempre nelle persone e, da questo punto di vista, l’importante opera di Fabrizio Barca responsabile del dicastero al tempo, ne è prova lampante, e ancora oggi se ne trae il beneficio, sostenendo, con azioni concrete lo sviluppo dell’imprenditorialità nel Meridione e l’accompagnamento sui mercati internazionali.

Il BIAT nasce proprio per valorizzare il potenziale innovativo espresso dal sistema delle imprese e della ricerca delle Regioni Convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), al fine di trasformarlo in prodotti e servizi da collocare sui mercati esteri e promuoverne la commercializzazione e il trasferimento - parliamo di prodotti e servizi innovativi o ad alta tecnologia e di beni immateriali (brevetti in particolare) - attraverso il matchmaking tra offerta e domanda commerciale e tecnologica e tra start up, PMI innovative, reti di impresa, università, parchi tecnologici e controparti straniere.

A Bari sono stati oltre 120 progetti innovativi delle imprese italiane provenienti dalla 4 Regioni in settori dove l’Italia è capace di esprimere eccellenze - nano e biotecnologie, nuovi materiali, energie rinnovabili, ambiente, nautica, ICT e tecnologie per le smart communities – sono stati presentati agli oltre 100 investitori esteri identificabili in venture capitalist e soggetti intervenuti in rappresentanza di grandi imprese e centri di ricerca interessati al trasferimento, selezionati dalla rete di uffici all’estero dell’ICE-Agenzia.

Loredana Capone, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia ha sintetizzato nel suo intervento quanto profondo sia il cambiamento oggi:

“Per oltre 2000 anni abbiamo studiato il diritto sulla proprietà fondiaria, oggi dovremmo occuparci di proprietà intellettuale, perché la scena è cambiata. Le nostre imprese che prima compravano altrove la tecnologia, oggi si sono specializzate. Sono nati i distretti tecnologici, le nanotecnologie, i nuovi materiali. Abbiamo sperimentato l’appalto pre-commerciale per imparare a lavorare sul prototipo. Adesso la sfida è che le imprese hi-tech e le start up aprano fronti nuovi di sviluppo innovativo”.

La sfida è con il proprio tempo e non c’è dubbio che va vinta tutti insieme. Iniziative come il BIAT rappresentano sicuramente ottimi strumenti per favorire sviluppo e occupazione e ottimi esempi di sana e saggia cooperazione interistituzionale, e già questo è più di un successo, nel nostro Paese.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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