Non ci stancheremo mai di ripetere come l’internazionalizzazione per le imprese italiane ed in particolare per le PMI - la quasi totalità degli attori nel nostro sistema produttivo - oggi più che mai non è una scelta, ma una necessità, un obbligo, un input strategico indispensabile per reggere il confronto competitivo in una realtà globale come quella che viviamo.
In realtà però, stando ai dati dei risultati di un’indagine condotta nel corso del 2015 dall’Istituto Doxa per conto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la scelta dell’internazionalizzazione è vista come un passo difficile da compiere e anche le dimensioni non influiscono in maniera determinante sulla percezione delle difficoltà nel caso delle nostre imprese.
La strada viene percepita in salita per diverse ragioni che vanno dall’ammissione della mancanza di competenze manageriali alla difficoltà di intercettare le risorse finanziarie necessarie o ancora alla mancata conoscenza delle opportunità e dei programmi di sostegno promossi da istituzioni e governo nel nostro Paese.
L’indagine Doxa è finalizzata infatti a rilevare la notorietà, l’utilizzo e la valutazione della diplomazia economica italiana proprio per migliorare il tiro ed identificare come migliorare i propri servizi a sostegno dei processi di internazionalizzazione delle imprese italiane.
Il campione preso in esame interessa 2028 imprese italiane, 1107 internazionalizzate e 921 non internazionalizzate mentre a livello geografico quasi la metà sono del nord Italia (49%) poco più di un terzo del Sud Italia e delle isole (34%) e il rimanente dal Centro Italia (17%).
Tra le imprese internazionalizzate oggetto della rilevazione, il 75% (1107) ha un rapporto continuativo con l’estero e oltre il 40% è presente da più di 6 anni.
Tra i mercati di riferimento, il principale rimane l’Ue (82,7%), ma emergono nuove attenzioni e sensibilità nei confronti di mercati nuovi, vicini e lontani paesi Extra UE (34%), America del Nord e Asia (20%), Africa (17%) e Medio Oriente (12,5%).
Le motivazioni che spingono alla conquista dei mercati esteri è per buona parte degli intervistati la crescita aziendale (43%), in particolare per le medie imprese, ma rimane alto anche il numero delle aziende attratte dall’estero in ragione dell’alta richiesta di prodotti italiani (31,3%) e dunque in maniera “passiva” e non come risultato di una reale strategia di attacco ai mercati internazionali.
Tra gli ostacoli principali segnalati dalle imprese intervistate, quasi la totalità (90%) dichiara di incontrare almeno una problematica - interna o esterna all’impresa - collegata allo sviluppo delle proprie attività all’estero.
A livello aziendale tra le principali problematiche segnalate rientrano la disponibilità di risorse finanziare limitate, la dimensione aziendale penalizzante, la scarsa conoscenza dei mercati e la mancanza di competenze specifiche, mentre dall’esterno le maggiori difficoltà percepite sono riconducibili ad un insufficiente sostegno da parte delle banche (54% nel caso del campione internazionalizzato),delle istituzioni (53%), unitamente ad una diffusa difficoltà di accesso ai finanziamenti (51,3%).
Andando invece ai servizi per l’internazionalizzazione più utilizzati dalle aziende coinvolte nell’indagine appare evidente come i servizi di consulenza sono ritenuti importanti nelle attività internazionali in materia doganale (44,6%), di servizi informativi e di analisi dei mercati (44,5%) e di contrattualistica internazionale e ricerca di partner (43%).
Andando al dato dimensionale e analizzando le aziende che si rivolgono al MAECI, in larga parte si tratta di micro imprese (62%), piccole imprese (30,4%) e in parte minore medie imprese (7,6%) e nella ricerca si segnala come il dato ribalta il luogo comune che vedrebbe la Farnesina fornire assistenza soprattutto alle grandi ed alle medie imprese, ma si segnala anche come in linea di massima si tratta di un’utenza con una presenza mediamente consolidata e strutturata sull’estero, con il 34% attivo da 4-5 anni e il 73,4% che opera in almeno tre Paesi.
Interesse fondamentale dell’indagine è stato sondare il grado di conoscenza e di utilizzo dei servizi che la Farnesina offre alle imprese per supportarle nel processo di internazionalizzazione.
In termini di notorietà emerge una più alta conoscenza degli enti territorialmente più vicini alle imprese (banche, associazioni industriali, fiere, enti camerali e ordini professionali), ma il MAECI è il primo tra gli enti più conosciuti dalle imprese internazionalizzate (47,2%), seguito da Cassa Depositi e Prestiti, Agenzia ICE, SIMEST e SACE.
In realtà però il maggior grado di conoscenza, non è tuttavia commisurato al grado di utilizzo perché meno di un terzo delle imprese internazionalizzate che conoscono il Ministero (32,8%), ne utilizza i servizi per l’internazionalizzazione. Andando alla notorietà dei servizi, tra gli strumenti informativi del MAECI, quello più conosciuto dalle aziende internazionalizzate è infoMercatiEsteri (39%), seguito dalla Newsletter Diplomazia Economica e dalla piattaforma ExTender. Emerge come la maggior parte delle imprese che dichiarano di conoscere i servizi (oltre il 60%), li utilizza e ne risulta soddisfatta e si riscontra inoltre, una significativa correlazione fra la dimensione dell’impresa, il grado di conoscenza del MAECI e il ricorso ai servizi offerti.
La notorietà del MAECI è alta presso le medie imprese (62%), ma scende presso le micro (44%), così come il ricorso ai servizi cresce dalle micro (14%) alle media impresa (22%).
Chi si rivolge al MAECI chiede principalmente servizi di informazione ed orientamento al mercato e l’organizzazione di incontri e contatti con le autorità locali (73,9%), così come una consulenza sul quadro economico, politico e normativo dei mercati (71%). Risultano invece meno richiesti i servizi di assistenza nelle gare e nei contenziosi (53,4%) e le informazioni su gare/early warning (46,8%).
In merito all’utilità del MAECI per le imprese che ne utilizzano i servizi, il 79% delle aziende che ne hanno sperimentato i servizi lo giudica “Molto/abbastanza”, fra le imprese all’interno del campione che non si sono ancora internazionalizzate, ma che intendono farlo nei prossimi 3 anni (315 imprese del campione), l’utilità percepita del MAECI si attesta invece al 62%.
Emerge dai dati rilevati un gap nella percezione dell’utilità del MAECI tra le imrpese che hanno avuto esperienza diretta e quelle che non hanno avuto un contatto concreto con la Farnesina e infatti se si parla di Ambasciate e Consolati, il livello di soddisfazione (buono o ottimo) per i servizi forniti varia dal 65,2% al 56,5%, con i punteggi più alti per l’utilità e la completezza delle risposte e più bassi per la facilità di accesso agli Uffici e la tempestività delle risposte.
Dall’indagine emerge poi come nei confronti del MAECI le aspettative maggiori che le aziende nutrono sono un maggior supporto nella ricerca di partners/fornitori/clienti (17,5%), un’attività che - segnalano dalla Farnesina - viene svolta da altri soggetti e in particolare dall’Agenzia ICE a dimostrazione della difficoltà nell’identificazione delle competenze tra i diversi soggetti nella promozione internazionale delle nostre imprese.
Infine tra le PMI non internazionalizzate, oltre un terzo (34%) - e quasi la metà tra le piccole imprese - intende intraprendere un processo di internazionalizzazione nel prossimo triennio e la notorietà del MAECI tra queste è abbastanza alta (60,3%).
Nella maggior parte dei casi (60%), la principale motivazione è legata all’opportunità di far crescere l’azienda e il ruolo del MAECI è considerato utile (“molto” più “abbastanza”) dal 62% delle imprese, l’utilità è maggiormente sentita a livello dimensionale fra le piccole imprese (77,5%) e a livello geografico fra quelle presenti nel Sud e Isole (68,5%), nel settore dei servizi (66,6%), ovvero l’identikit dei segmenti che risultano più propensi ad internazionalizzarsi nei prossimi 3 anni.
Quest’indagine così come i molti altri strumenti di analisi e ricerca sul tema dell’internazionalizzazione, risulta un utile strumento di riflessione e di analisi per correggere il tiro e migliorare l’approccio non solo per il MAECI ma per l’intero sistema di supporto pubblico all’internazionalizzazione delle nostre PMI, una leva strategica da rendere sempre più efficiente ed importante perché fondamentale per il futuro dell’intero Paese.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it
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