Sono poco più di 100 i minuti di volo che separano Roma dalla capitale della Romania, un mercato uscito un po’ dai radar rispetto a qualche anno fa, ma oggi - stando ai dati più recenti dell’Economist Intelligence Unit – e soprattutto nel prossimo quinquennio (2016-2020), capace di offrire prospettive di miglioramento in termini di business environment e crescita economica ragguardevoli, con un incremento medio del PIL annuo intorno al 3,5%.

Avevamo già approfondito con un’intervista al Direttore dell’ICE-Agenzia di Bucarest, le potenzialità del Paese per le nostre imprese, così come la forte partnership che ci lega all’antica Dacia. Oggi il Paese sembra aver ritrovato una relativa stabilità politica dopo la drammatica notte del 31 ottobre 2015, quando il caos causato dall’incendio in una discoteca di Bucarest dal pesantissimo bilancio (27 morti e 180 feriti), divenne immediatamente il simbolo della diffusa mancanza di rispetto delle regole nel Paese, scatenando la rivolta popolare che ha poi costretto nel giro di 2-3 settimane - l’allora primo ministro socialdemocratico Victor Ponta - a rassegnare le dimissioni.

Oggi la Romania è guidata da un esecutivo tecnocratico, capeggiato dall’ex commissario europeo Dacian Ciolos che accompagnerà il Paese fino alle prossime elezioni politiche programmate nel prossimo mese di dicembre e che dovrebbero vedere il trionfo di una coalizione di centro-destra secondo i sondaggi.

Fino a circa dieci anni fa, Bucarest era definita da molti economisti come “La Tigre dei Balcani” in ragione del suo alto tasso di crescita e del suo elevato appeal nei confronti degli investitori esteri. Tuttavia, nel periodo 2009-2012, il rallentamento dovuto alla crisi economica internazionale è stato evidente e le conseguenze visibili.

Oggi si è giunti ad un punto di svolta quanto meno potenziale, con le riforme messe in campo dal governo che, unite al grande potenziale di sviluppo del Paese che può contare su risorse naturali in abbondanza, una popolazione fortemente predisposta al consumo e una forza lavoro istruita ed a basso costo, aprono scenari interessanti, sia per chi vuole esportare e sia per chi vuole investire in uno dei principali mercati dell’Europa dell’Est.

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Il governo per rilanciare i consumi ha deciso per un taglio deciso dell’IVA, differenziato in base alle categorie merceologiche:

Food dal 24% al 9% (eccezion fatta per quasi tutte le bevande alcoliche e tabacco), in vigore dal 1°giugno;

Birra al 9%, in vigore dal 10 giugno;

Tasso IVA generale, dal 24% al 20% per il 2016 e al 19% per il 2017;

Acqua in bottiglia dal 20% al 9%, dal 2016.

L’obiettivo del governo è quello di migliorare la già apprezzabile 37° posizione occupata dalla Romania nel ranking “Doing Business” della Banca Mondiale, ed è in questo contesto che rientrano misure quali il taglio delle tasse sui dividendi aziendali dal 16% al 5% ed il taglio dei contributi sociali per i lavoratori dal 20,8% al 15,8%.

La strategia e l’obiettivo delle istituzioni romene è quella di accrescere l’appeal del Paese nei confronti degli investitori stranieri e a questo scopo appare utile ricordare anche la presenza di una flat tax al 24%, proprio perché, l’andamento dell’economia del Paese, è strettamente connesso all’afflusso di IDE e agli scenari che si prospetteranno sui mercati internazionali.

Esistono tuttavia anche elementi di debolezza sui quali è bene compiere delle riflessioni da parte di chi di dovere, come il triste record del più basso tasso di assorbimento dei fondi nell’UE, l’elevata esposizione del settore privato al rischio di cambio, l’inefficienza del settore giudiziario ed il fenomeno dilagante della corruzione.

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Andando alle relazioni bilaterali, oggi i rapporti commerciali Italia-Romania appaiono molto stretti, con un interscambio complessivo superiore ai 10 miliardi di euro e con l’export italiano (superiore ai 6 miliardi annui) che ben esaudisce la forte richiesta di Bucarest, specialmente per quel che riguarda macchinari, apparecchiature e prodotti tessili.

Il grado di apertura del mercato romeno è una caratteristica che fa gola a molte imprese italiane che in termini numerici (35.000 circa) sono le società estere più presenti in Romania da ormai oltre dieci anni e tra i settori sui quali puntare vanno segnalati energia, agroindustria, metalmeccanico e farmaceutico, che negli anni a venire offriranno ottime opportunità di crescita e di investimento.

Il comparto che ha esibito maggiore dinamicità negli ultimi anni è invece senza dubbio quello manifatturiero, con risultati particolarmente rilevanti nei comparti dell’automotive, della lavorazione dei metalli, della produzione di motori elettrici e turbine e degli impianti petroliferi ed energetici.

Da questo punto di vista, negli anni i capitali provenienti dal tessuto imprenditoriale italiano, hanno dato una grossa mano all’avvio del processo di sviluppo e di espansione dell’economia romena, dapprima attraverso l’azione di alcune PMI che hanno approcciato il mercato già all’inizio degli anni ’90, e successivamente come accaduto negli ultimi 10-15 anni, anche attraverso il concreto interesse di gruppi industriali di peso.

SACE prevede un incremento significativo delle esportazioni “Made in Italy” in direzione Bucarest, fino ad arrivare a circa 7,5 miliardi di euro nel 2018, così da confermarsi il secondo mercato di riferimento dell’import romeno dopo la Germania (circa il 20%), con una quota che va oltre il 10% del totale delle importazioni del Paese.

In sintesi e concludendo, per le nostre PMI appare opportuno che Bucarest torni al centro dei radar nel futuro prossimo, ci sarà solo da guadagnare.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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