Quando si parla del nostro Paese e del fare impresa, spesso la prima associazione che viene in mente agli stessi cittadini italiani non è per nulla positiva ed in molti potrebbero citare la corruzione, le inefficienze o l’enorme sviluppo del mercato nero tra gli elementi più rappresentativi del nostro sistema produttivo.
Per fortuna la realtà è diversa e l’industria italiana è ancora competitiva come certifica l’International Trade Center (ITC), organizzazione sussidiaria della Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), che si occupa di fornire assistenza (tecnica e non solo) in campo commerciale alle economie emergenti oltre a pubblicare studi ed analisi dei dati e delle performance relative al commercio mondiale.
L’ITC costruisce un quadro lusinghiero del 2014 italiano da un punto di vista del commercio mondiale, in contraddizione con la crisi economica dalla quale ancora non ci siamo pienamente ripresi e focalizza l’attenzione sulla competitività del nostro sistema produttivo.
Secondo il Trade Performance Index (TPI) - che consente di determinare le performance commerciali a livello settoriale fornendo un ranking per ciascun settore chiave per quanto riguarda l’export dei vari Paesi sulla base dei dati disponibili negli ultimi cinque anni - il nostro Paese, nel 2014, è risultato il più competitivo su scala mondiale in 3 settori sui 14 analizzati e secondo in 5.
Il nostro Paese è “medaglia d’oro” per quanto riguarda tessile, abbigliamento e prodotti in cuoio, tre campi in cui noi italiani facciamo invidia al resto del mondo grazie alla qualità dei nostri prodotti ed al nostro design inimitabile e dunque riconoscibile ed apprezzato ovunque.
Il segreto del “Made in Italy” va cercato infatti nella capacità di innovare e nella continua contaminazione tra le competenze tecniche dell’industria tessile ed il “saper fare” che caratterizza le nostre produzioni artigianali, capace di rendere l’Italia il Paese di riferimento nel comparto moda.
Ci fermiamo alla “medaglia d’argento”, secondi solo alla Germania, in altri cinque settori: manufatti di base (metalli e prodotti in metallo, ceramiche, ecc.), meccanica non elettronica, apparecchi elettrici, mezzi di trasporto e manufatti diversi (tra cui occhiali, articoli in plastica, gioielleria).
A livello generale, se si prende in considerazione il numero dei piazzamenti in tutti i 14 settori presi in esame, l’Italia è seconda soltanto alla Germania che conta otto primi posti ed un secondo posto.
Escludendo minerali ed alimentari freschi, nei restanti 12 settori analizzati dal Trade Performance Index - tutti appartenenti al comparto manifattura - Germania e Italia occupano ben 17 delle 36 posizioni disponibili sul podio. Gli altri Paesi appaiono ben più distanti con la Cina che conta su due secondi posti e un terzo posto, la Francia con un secondo posto e un terzo posto e la Corea del Sud con un terzo posto, mentre Gran Bretagna e Stati Uniti non entrano nella top ten in nessuno dei 12 settori manifatturieri analizzati.
Notevoli anche le performance della meccanica - settore che ha prodotto nel 2014 circa la metà del surplus commerciale italiano - e della farmaceutica, comparti in cui i tassi di innovazione e di crescita risultano molto positivi sia nel breve che nel medio periodo.
Aggregando i dati degli otto comparti in cui l’Italia sale sul podio per competitività nel commercio mondiale (più gli alimentari trasformati dove siamo sesti) si nota che questi nove settori hanno prodotto esportazioni per 390 miliardi di dollari e un surplus di bilancia commerciale di 154 miliardi nel 2014.
I numeri dunque, nonostante le molte difficoltà che le PMI devono affrontare nell’intraprendere seri processi di internazionalizzazione, dipingono uno scenario che può riaccendere le speranze e gli entusiasmi dell’imprenditoria tricolore a patto che queste indiscutibili eccellenze possano finalmente giovarsi di riforme coraggiose e decise.
Il Governo Renzi sembra aver deciso di puntare forte sulla promozione del “Made in Italy” introducendo una serie di novità interessanti sia nella Legge di Stabilità che attraverso l’approvazione di specifici decreti, senza dimenticare il Voucher per l’Internazionalizzazione strumento che dovrebbe essere riproposto nei prossimi mesi.
L’auspicio è naturalmente che il tessuto imprenditoriale italiano sappia cogliere tutte le opportunità presenti e future in un 2016 che dovrebbe riportare, dopo 6 anni, il PIL del Paese a crescere ad un ritmo superiore all’1%.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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