Sarà un Natale dolcissimo per gli imprenditori italiani che operano nel settore gastronomico e che esportano i loro prodotti all’estero, questo è quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato da Confartigianato.
Il 2015 è stato in effetti un anno straordinario per i dolci “Made in Italy” con una crescita di oltre il 10% rispetto al 2014, raggiungendo un valore superiore ai 300 milioni di euro.
Ci sarà dunque più di un motivo da festeggiare per tutte le PMI impegnate in processi di internazionalizzazione ed espansione sui mercati esteri perché panettoni, pandori, torroni e tutte le delizie prodotte in Italia, confermano il loro appeal crescente a livello globale.
Gli “irriducibili” dei dolciumi “Made in Italy” sono in Europa: ammonta a oltre 75 milioni di euro il nostro export in Francia, quasi il 25% dell’export totale di questa categoria di prodotti, seguiti da Germania (circa 55 milioni) e Regno Unito (circa 35 milioni).
A sorprendere positivamente è poi il dato proveniente dagli Stati Uniti con una crescita nelle vendite di dolci che sfiora il +50% rispetto al 2014, un’ulteriore certificazione del trend registrato quest’anno dalle nostre esportazioni nell’intero comparto food, con un fatturato monstre (29,6 miliardi di euro).
Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, commenta con orgoglio questi dati:
“Se il nostro cibo va forte sulle tavole di tutto il mondo il merito è anche delle 90.977 aziende artigiane del settore, di cui 43.575 imprese specializzate nella pasticceria, che danno lavoro a 159.753 addetti. Un patrimonio economico e di tradizione culturale che va costantemente difeso e valorizzato”.
Nel settore alimentare le regioni più virtuose con incrementi in doppia cifra in termini di esportazioni sono Toscana (+18,4%), Campania (+14,8%) e Veneto (+11,9%), mentre a livello provinciale a crescere maggiormente sono Napoli (+36,1%), Bergamo (+26,1%), Firenze (+19,6%), Siena (+18,9%) e Vicenza (+18,7%).
Anche i consumi interni tornano finalmente a sorridere con le vendite di alimentari che - per la prima volta dal 2006 - anche se in misura quasi impercettibile tornano a crescere (+0,5%).
La “ripresina” in atto è resa possibile anche dalla dinamica dell’andamento dei prezzi che rimangono contenuti e ad ottobre 2015, a fronte di una crescita dei prezzi dei prodotti alimentari del 2%, i prezzi dei prodotti di pasticceria fresca sono cresciuti dell’1%, dato comunque in calo rispetto all’ottobre 2014 (-1,2%).
Anche l’occupazione nel comparto alimentare cresce nell’ultimo anno (+1,9%) e di 48.100 unità dal 2008 contribuendo alla ripresa del mercato del lavoro italiano che continua a lanciare segnali in chiaroscuro con un miglioramento dell’occupazione (+247.000 occupati in un anno), ma fortemente minacciato dall’incremento degli inattivi e dei Neet, in particolare nel Meridione.
Nel Sud del Paese infatti vi è una forte presenza dell’artigianato alimentare in particolare nel comparto pasticceria, panifici e gelaterie che detiene una quota ben superiore al 50% sul totale dei cibi artigianali in due regioni su tutte, Sicilia (59,3%) e Basilicata (57,2%).
Nel terzo trimestre 2015, la stessa crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno con un incremento di 136.000 unità, risente positivamente, molto probabilmente, anche del boom del mercato dei dolci italiani.
A livello generale comunque il settore dell’artigianato alimentare è rimasto sostanzialmente stabile per numero di imprese (circa 90.000) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente seguendo una dinamica che, segnala Confartigianato, è in controtendenza rispetto al calo registrato in generale dall’artigianato (-1,6%).
Nell’ambito della produzione alimentare artigiana il comparto più consistente è quello della pasticceria, panifici e gelaterie che conta 43.575 imprese, il 47,9% dell’intero settore. Di minori dimensioni altri sub-settori importanti come quello della pasta (4,6%), della lavorazione e conservazione della carne, della produzione di prodotti a base di carne (2,5%) e dell’industria lattiero-casearia (2,1%).
Nel 2015 l’artigianato alimentare vede la crescita più consistente in termini di numero d’imprese invece nel comparto vini, distillerie, birre ed altre bevande (+4,2%), seguito dall’industria lattiero-casearia (+1,8%), lavorazione e conservazione frutta e ortaggi e pesce (+1,1%) e tè, caffè, cacao e derivati, condimenti e spezie (+0,5%).
Secondo l’Ufficio studi di Confartigianato a far crescere la passione degli stranieri per i nostri prodotti della buona tavola non sono però solamente i prodotti ad alto contenuto di zuccheri o comunque i dolci da ricorrenza. Un crescente interesse si riscontra anche nei confronti della produzione a chilometro zero, tipica del segmento di micro e piccola impresa, che mantiene le caratteristiche salutistiche della dieta mediterranea.
Se si confrontano i dati sulla diffusione del fenomeno dell’obesità negli adulti si evince, infatti, che la maggiore efficacia della dieta mediterranea è proprio rilevabile nel Belpaese, dove la quota di popolazione in condizione di obesità (10,4%) è la più bassa rispetto agli altri Paesi Ue che si affacciano sul Mediterraneo come Francia (14,5%) e Spagna (16,6%).
Infine non dimentichiamo che il numero di specialità alimentari “Made in Italy” - 277 prodotti per l’esattezza - riconosciute e tutelate dall’Unione Europea con i marchi DOP, IGP e STG, rappresentano oltre un quinto del totale dei prodotti di qualità europei (21,5%).
In questo senso si sta muovendo bene il governo Renzi, che ha lanciato per il 2016 una campagna promozionale del cibo italiano in particolare modo indirizzata verso gli Stati Uniti, per sensibilizzare i consumatori e spiegare il significato e il valore del prodotto italiano autentico.
L’Italia sembra aver imboccato la strada giusta cavalcando un interesse ed una domanda di prodotti “Made in Italy” davvero eccezionale, ma ora è il momento di trasformare queste ottime premesse di rilancio in obiettivi concreti, raggiungibili ed ambiziosi, ben coscienti del nostro valore perché non è certo un caso, se il nostro cibo è il più desiderato ed imitato in giro per il mondo.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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