Recuperare le quote di mercato perse in questi anni, ripristinare e far rinascere su nuove e più prospere basi quella partnership speciale che per anni ha contraddistinto le relazioni economiche e finanziarie bilaterali tra Italia e Iran: questo il senso della missione imprenditoriale italiana a Teheran dal 28 al 30 novembre.

L’obiettivo è chiaro, identificare e approfondire quali sono le reali prospettive di collaborazione commerciale e industriale che la progressiva fine delle sanzioni renderà possibili tra l’Iran e il sistema produttivo italiano.

E’ il Vice Ministro Carlo Calenda, instancabile globetrotter del “Made in Italy”, a guidare la folta ed assortita delegazione italiana - una sintesi del “Sistema Italia” - con la partecipazione dei rappresentanti di circa 200 aziende, 20 associazioni imprenditoriali e 12 gruppi bancari.

Il 29 novembre, l’appuntamento clou della missione presso uno dei simboli della città, la Milad Tower, è stato rappresentato sicuramente dall’incontro Iran-Italy Business Forum che ha visto la presenza complessiva di circa 1.500 partecipanti e lo stesso Calenda non ha resistito ad affidare ai suoi tweet in diretta l’orgoglio e la soddisfazione per l’ottimo lavoro svolto nei mesi precedenti per garantire la perfetta riuscita dell’evento:

“Siamo qui a Teheran con oltre 370 partecipanti alla missione imprenditoriale, la più grande organizzata in Iran.”

Dal canto suo, il Ministro iraniano dell’Industria, delle Miniere e del Commercio, Mohammad Reza Nematzadeh nel suo intervento è stato invece abbastanza chiaro su quelli che sono gli obiettivi da raggiungere insieme, ricordando come oggi sulla Repubblica Islamica il cono d’ombra degli ultimi anni sia stato rimpiazzato dai riflettori di tutto il mondo e ribadendo innanzitutto la collocazione strategica del Paese:

“Un hub per raggiungere i mercati degli altri Paesi che circondano l’Iran. (…) La nostra aspettativa da quest’incontro è che entrambe le parti possano sfruttare quest’occasione per creare investimenti comuni. I dubbi sul nostro Paese sono stati superati, c’è una nuova atmosfera per il futuro, vogliamo un dialogo proficuo con tutti, specie con l’Italia cui ci legano anni e anni di storia.”

Un messaggio chiaro e cristallino che dimostra la volontà del Paese di non voler essere - con i suoi 78 milioni di abitanti - un semplice mercato di conquista, ma di essere piuttosto alla ricerca di partnership ed investimenti per garantirsi crescita e sviluppo, e a sua volta esportare, accrescendo la capacità di creare valore aggiunto. Il ministro Nematzadeh ha annunciato un piano infrastrutturale per i trasporti del valore complessivo di circa 15 miliardi di dollari che prevede oltre alla costruzione della ferrovia per collegare Teheran con il Nord del Paese, anche la costruzione di nuovi porti e aeroporti e il progetto di due nuove città industriali. Anche il settore automotive è in espansione con l’obiettivo di raggiungere una produzione nazionale di 3 milioni di autovetture all’anno e anche qui le opportunità non mancano per le nostre imprese.

I lavori del Business Forum sono stati animati dall’organizzazione di alcune sessioni tecniche dedicate ai settori individuati - insieme alle controparti locali - come strategici e prioritari per la collaborazione bilaterale (Automotive, Ambiente e Rinnovabili, Apparecchiature medicali, Meccanica e Materiali da Costruzione). Il vero valore aggiunto è stato rappresentato dall’organizzazione di oltre 1.000 B2B tra i rappresentanti della delegazione italiana e le controparti locali coinvolte grazie al costante confronto tra Ambasciata, ICE-Agenzia e la Iran Trade Promotion Organization (ITPO), partner locale per l’organizzazione.

A dimostrazione di come si voglia imprimere una marcia in più alla cooperazione bilaterale, a conclusione del Forum sono stati firmati quattro memorandum d’intesa.
Il MAXXI e il Museo di arte contemporanea di Teheran hanno concluso un’intesa per riuscire a portare a Roma entro il 2017 capolavori degli artisti persiani contemporanei che non hanno mai varcato i confini nazionali.

Sul lato dell’industria invece, Confindustria Marmomacchine ha concluso un accordo con l’Iranian Stone Association, l’associazione rappresentativa di un settore strategico per lo sviluppo del paese e dal potenziale enorme dal momento che la Repubblica Islamica dell’Iran è il quarto paese al mondo per riserve accertate di marmi e pietre ornamentali, spesso pregiate, e può contare su una varietà per colorazioni e pigmentazioni di travertino, onice e granito.

L’Associazione Nazionale Costruttori Italiani Macchine ed Accessori per Calzature, Pelletteria e Conceria (ASSOMAC) ha concluso due accordi, rispettivamente con l’associazione omologa della regione dell’East Azerbaijan e con quella nazionale (Iranian Tanners Association).

Al centro degli accordi la formazione tecnico-manageriale per gli imprenditori locali sulle capacità di trasformazione dell’industria, il trasferimento tecnologico ed un supporto nella promozione e valorizzazione delle produzioni locali. In questi anni di embargo occidentale, l’industria iraniana è stata costretta a sostituire le importazioni con macchinari cinesi e coreani a adesso tocca recuperare le posizioni perse, andando incontro alle esigenze di modernizzazione dell’industria iraniana.

All’indomani del raggiungimento dell’accordo sull’affaire nucleare con i negoziatori occidentali e dell’adozione del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) in vigore dallo scorso 14 luglio e dei cambiamenti da questo apportati all’interno del quadro politico-economico iraniano, la Repubblica Islamica dell’Iran sembra essersi trasformata nel nuovo Eldorado.

Personalmente credo che questo repentino cambiamento di percezione e approccio, abbia in parte generato anche un relativo spaesamento per chi fino a ieri rappresentava lo “stato canaglia”, una minaccia per la pace e la stabilità nell’area, mentre oggi, è la realtà a dimostrare il contrario con - a mio modesto parere - un’ennesima prova di come spesso in Occidente la soluzione si confonde con il problema e viceversa.

L’Italia ha solo da guadagnare da questa situazione dal momento che prima delle sanzioni il nostro Paese era il primo partner commerciale Ue della Repubblica Islamica e nell’ultimo decennio, dal 2005, l’interscambio commerciale Italia-Iran ha registrato una progressiva crescita, raggiungendo nel 2011 - dopo la flessione del 2009 dovuta alla crisi economica internazionale - il suo massimo storico (circa 7,1 miliardi di euro). Dal 2012 invece è ripresa la discesa in ragione dell’ampliamento delle restrizioni commerciali da parte dell’Ue con una conseguente flessione dell’interscambio tra l’Iran ed i 28 Paesi Ue, Italia compresa, in tale anno ed ancor più in quello successivo.

L’export italiano nel 2014 ha invece ripreso già vigore con un valore pari a 1,1 miliardi di euro e una crescita del 9,5% circa, superiore alla media dell’intera Ue e anche nei primi 8 mesi del 2015 la crescita è confermata (+10,1%) e il valore delle nostre esportazioni è di circa 760 milioni di euro.

La novità più importante è rappresentata dalla presenza delle banche italiane in rappresentanza del 55% del settore e coordinate dall’ABI che il 30 novembre sono state protagoniste di un incontro ravvicinato con la Banca Centrale Iraniana, per rilanciare la collaborazione tra i due sistemi bancari.

Per riattivare il business, la dimensione finanziaria è quella più problematica e lo ha ricordato anche il Financial Times che dalle sue colonne ha commentato la missione titolando “L’Italia spera di sfruttare il legame storico con l’Iran” sottolineando come l’Iran rappresenti un mercato da 400 miliardi di dollari e “una grande opportunità per l’Italia in un momento difficile”, in un momento in cui invece la retorica anti-americana presente nel Paese sposta più avanti nel tempo i benefici per le aziende statunitensi, ma senza dimenticare che senza un completo sdoganamento a stelle e strisce anche a livello finanziario, la situazione non è proprio così semplice. Le difficoltà sono presenti a tutti e come ha commentato Guido Rosa, Presidente del Comitato Tecnico ABI:

“In questi anni le sanzioni hanno escluso l’Iran dai circuiti finanziari internazionali e ci vorrà del tempo per ricostruire i rapporti e ripartire. Ci sono ampi margini per sostenere le imprese che vorranno cogliere le numerose opportunità di investimento”.

La stessa SACE presente alla missione sta lavorando per chiudere al più presto le esposizioni pregresse pari a circa 800 milioni di euro, per essere capace al più presto di rimettere a disposizione altri 5 miliardi di euro di garanzie per le nostre aziende interessate.

A inizio 2016 è previsto il passaggio fondamentale - “Implementation day” - e la speranza da parte di tutti è che la revoca delle sanzioni possa ricreare, come ha dichiarato lo stesso Calenda quelle “condizioni per trarre vantaggio dalla complementarietà dei due sistemi produttivi”.

E’ tempo per l’Italia di tornare a rinvigorire i legami economici del passato e certamente quest’ultima missione ha rappresentato un ulteriore passo per recuperare il tempo perso e per dare nuove basi e prospettive al partenariato bilaterale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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