La Bulgaria è un paese geograficamente molto vicino all’Italia, il cui outlook economico-politico sembra essere tornato più che positivo dopo le numerose problematiche sorte in seguito alla crisi economica.
Il governo guidato da Boiko Borisov, pur potendo contare su una maggioranza non proprio solida, sembra finalmente orientato ad implementare una serie di riforme di cui Sofia ha un grande bisogno. La coalizione di maggioranza ha una struttura complessa e di difficile gestione, Borisov, leader del partito conservatore “Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria”, deve dunque cercare di tenere a bada le divergenze ideologiche fra i due principali alleati di governo, i nazionalisti del “Fronte Patriottico” ed il partito di centro-sinistra “Alternativa per la Rinascita Bulgara”.
Nei primi mesi del 2015 quest’operazione è ben riuscita e Borisov è riuscito a canalizzare l’azione dell’esecutivo su politiche pragmatiche volte ad incrementare la crescita e a migliorare il business environment. Ad oggi il rischio che il governo non concluda il suo mandato risulta essere piuttosto ridotto anche perché le previsioni economiche sono favorevoli.
Quest’anno la crescita economica in Bulgaria dovrebbe arrivare al 2,5%, mentre per il 2016 il 3% è considerato un obiettivo più che realistico. Il governo si è impegnato in un’azione di consolidamento a livello fiscale che prevede la sensibile riduzione del rapporto deficit-PIL - balzato nel 2014 al 3,7% - con l’ambizione di riportarlo, già nel 2018 ad un livello sostenibile (1,5%).
Il debito pubblico bulgaro è stabile ad un livello molto basso (inferiore al 30% del PIL) e potrebbe rappresentare una leva importante per stimolare crescita ed investimenti avendo un ampio margine di manovra.
Oggi le possibilità di una ripresa, dopo il quadriennio 2010-2014 caratterizzato da una crescita apatica (intorno all’1,2%), sono concrete anche se nel medio termine la Bulgaria rimane vulnerabile rispetto all’eventualità di una Grexit che, secondo gli esperti, è ancora elevata.
Nelle intenzioni del governo per il 2016 c’è un ripensamento nell’allocazione delle risorse (più soldi per educazione, difesa e sicurezza) per dare più solidità all’economia molto influenzata dall’andamento delle esportazioni come confermato da Aldo Andreoni, Direttore del Dipartimento clienti internazionali e multinazionali di Unicredit Bulbank:
“La struttura economica bulgara è molto simile a quella italiana: la ricchezza del paese è essenzialmente trainata dall’export. C’è una sostanziale differenza nel livello di imposizione fiscale, che in Bulgaria è veramente molto bassa rispetto all’Italia e per questa ragione fare impresa a Sofia è molto più semplice che fare impresa in Italia”.
La tassazione bulgara prevede una tassazione unica al 10% sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche. Oltre la metà della popolazione in età lavorativa e il 90% degli studenti parlano almeno una lingua straniera a dimostrazione di come il Paese possa disporre di manodopera di buona qualità e formazione, a basso costo, con il valore del salario medio di appena 430 euro.
La Bulgaria membro Ue ha accesso ai programmi di finanziamento comunitari e nel tempo sta migliorando la sua capacità di assorbimento dei fondi e proprio qualche mese fa, la Commissione Europea ha approvato un ingente stanziamento pari a 7,6 miliardi di euro fino al 2020 che, con molta probabilità, i bulgari impiegheranno per l’acquisto di know-how e tecnologie, di cui il Paese è carente.
L’Italia rappresenta oggi il secondo partner commerciale della Bulgaria, preceduto solo dalla Germania con un interscambio complessivo che ha raggiunto circa 4 miliardi di euro nel 2014, il 10% dell’interscambio commerciale complessivo bulgaro.
Sul fronte delle vendite italiane verso la Bulgaria, il tessile occupa la prima posizione (per un valore che supera i 100 milioni di euro), seguito dal settore meccanico che presenta una ripresa tendenziale seppure con un andamento eterogeneo nella singole voci.
Le maggiori opportunità di investimento da cogliere si concentrano nella lavorazione del legno, nel calzaturiero, in campo energetico e agroindustriale. L’energia rappresenta il settore più complesso data l’incertezza dal punto di vista normativo che frena gli investitori.
Appare più semplice invece concentrarsi sull’agroindustria, essendo scarsamente antropizzata, la Bulgaria offre infatti grandi spazi ed un buon terreno, mentre mancano le infrastrutture, i sistemi d’irrigazione e, più in generale, la corretta gestione degli aspetti logistici.
Dando infine uno sguardo ai dati relativi all’export italiano nel mondo, si nota come l’intera area balcanica assorba ben 13,6 miliardi di euro di prodotti Made in Italy ogni anno. Se si confronta questo dato con quello di altre economie di ben altre dimensioni come Russia (10,7 miliardi), Cina (9,8 miliardi), Brasile (5 miliardi) ed India (2,9 miliardi), il dato è ancora più significativo ed inatteso. Si tratta però di un dato da leggere con attenzione perchè conteggia anche tutti i semilavorati che transitano in quell’area per poi essere rifiniti nel Belpaese.
Quel che è certo è che l’Italia, i suoi prodotti ed il suo modello industriale mantengono nei Balcani un’elevatissima reputazione e se a Palazzo Chigi si riuscisse a mettere a punto una strategia che preveda una stretta collaborazione con i Paesi dell’area per lo sviluppo e l’utilizzo a fini commerciali del Danubio, le opportunità potrebbero moltiplicarsi.
Il Danubio che è il più lungo fiume navigabile dell’UE attraversa ben 10 stati (Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Bulgaria, Romania, Moldavia ed Ucraina) e, sfociando nel Mar Nero, potrebbe essere un collegamento altamente strategico per il nostro Paese, un ponte che ci metterebbe facilmente in comunicazione con Mosca ed Istanbul.
Le nostre PMI dovranno quindi essere capaci di sfruttare tutte le opportunità che un grande Paese e un grande mercato qual è la Bulgaria può offrire.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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