Quasi 2 milioni e trecentomila croati (circa il 60% degli aventi diritto) si sono recati alle urne lo scorso 8 novembre per eleggere il nuovo esecutivo del paese. I sondaggisti, nelle settimane che hanno preceduto il voto, concordavano nel pronosticare un testa a testa fra i conservatori dell’Unione Democratica Croata (Hrvatska demokratska zajednica - HDZ) guidato dall’ex capo dei servizi segreti croati Tomislav Karamarko ed il Partito Socialdemocratico (Socijaldemokratska Partija Hrvatske - SDP) del primo ministro uscente Zoran Milanovic.

I risultati hanno riservato più di una sorpresa e a prevalere è stato proprio HDZ, il principale partito di opposizione che tuttavia non è riuscito a conquistare la maggioranza assoluta dei seggi necessaria per governare in autonomia il Parlamento di Zagabria. In Croazia mai nessun partito risultato vincitore di elezioni politiche aveva ottenuto un così basso numero di seggi. Indubbiamente la precaria situazione economica del paese unita alla crisi migratoria acuitasi negli ultimi mesi non hanno di certo aiutato le forze di sinistra attualmente al governo.

Lo stesso risultato – accompagnato forse da maggior stupore - si era verficato in realtà a inizio anno quando i croati, inaspettatamente, avevano eletto alla carica di Presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitarovic, la candidata del centro-destra.

In realtà all’indomani delle consultazioni, gli analisti sono concordi nell’individuare nel partito riformista Ponte delle Liste Indipendenti (Most nezavisnih lista - MOST), il vero vincitore della prima tornata elettorale dopo l’ingresso della Croazia nell’UE. Il MOST, lanciato su scala nazionale solo pochi mesi fa e guidato dallo psichiatra Petrov diventa, di fatto, la terza forza politica del Paese, vero ago della bilancia per la formazione del prossimo esecutivo.

Petrov, proprio alla vigilia dell’appuntamento elettorale, si era impegnato a non coalizzarsi con nessuno dei due partiti principali e - pur non escludendo il possibile appoggio esterno ad un governo di minoranza - ha affermato:

“Non tradiremo la fiducia dei nostri elettori , questa è un’opportunità unica per ottenere un grande cambiamento”.

Ad urne chiuse e con la concreta possibilità di influenzare in modo determinante l’azione del prossimo esecutivo, per questa nuova forza politica si potrebbero aprire scenari diversi ed un ingresso nel governo in cambio di ministeri e responsabilità di spessore non appare oggi poi così improbabile.

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Le sfide da affrontare per il prossimo esecutivo sono molte e non sono affatto semplici. Non solo la crisi migratoria, diventata difficilmente sostenibile da un punto di vista economico (il Ministero degli Interni ha stimato una spesa giornaliera di 284mila dollari), ma anche una situazione economica che vede il paese in affanno, sono i due temi più urgenti da affrontare.

La Croazia dopo sei anni di recessione ha, solo in questo 2015, timidamente imboccato la strada della ripresa economica, accompagnata però da un tasso di disoccupazione al 15,4%, con punte fino al 43,1% per quanto riguarda la disoccupazione giovanile e un debito pubblico che inizia ad essere molto pesante (90% del Pil) che la rendono tra le economie più problematiche in ambito Ue.

L’ultimo biennio è stato attraversato da un percorso riformatore che ha visto rendere più flessibili le norme in materia di lavoro e oggi per i datori di lavoro è sostanzialmente più semplice licenziare ed è stato alzato a 3 anni il limite minimo di durata per i contratti a tempo determinato.

Inoltre per facilitare l’avvio di nuovi business sono state ridotte le spese notarili mentre, per far ripartire il settore edile, sono state ridotte le tasse ed il numero dei permessi di costruzione prima richiesti.

Infine la Croazia ha reso l’interscambio commerciale con altri paesi più facile grazie all’implementazione di un nuovo sistema doganale elettronico. A livello commerciale proprio il nostro paese è stato, nell’ultimo decennio, il primo partner commerciale della Croazia ma nei primi sei mesi del 2015 ha perso tale posizione, occupata ora dalla Germania.

L’Italia ha investito molto in Croazia e con circa 1,5 miliardi di euro negli ultimi 22 anni, si configura come il sesto investitore straniero nel paese. Gli investimenti italiani si sono indirizzati in particolare in alcuni settori (intermediazione finanziaria, attività immobiliari, commercio al dettaglio, alberghiero e ristorazione) ed è noto come numerose imprese italiane hanno effettuato investimenti in Croazia attraverso triangolazioni finanziarie per cui gli investimenti sono transitati da Paesi terzi come Lussemburgo, Austria e Paesi Bassi.

Quello che accade dall’altra parte dell’Adriatico è dunque di estremo interesse per il nostro paese e non rimane che seguire con attenzione le evoluzioni a Zagabria e dintorni.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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