Non molto tempo fa abbiamo affrontato la nuova disciplina della “Branch Exemption” dettata dal recente decreto legislativo nr. 147/2015 (“Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”).
Proseguendo nell’analisi del testo, questa volta vogliamo soffermarci su un aspetto che da molto tempo suscita interesse e critiche da parte dei commentatori, la “Exit Tax” già a suo tempo introdotta nel nostro ordinamento - dopo una serie di censure in sede comunitaria - mediante una modifica all’art. 166 del TUIR (comma 2-quater).
Dal punto di vista fiscale la misura si applica ai trasferimenti all’estero che comportino la perdita della residenza in Italia ai fini delle imposte sui redditi.
Il trasferimento è tassato come realizzo, al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.
Mediante il trasferimento di residenza una società viene infatti a perdere il collegamento territoriale con il Paese di provenienza il quale, senza un’imposizione, perderebbe il potere impositivo su detti plusvalori (maturati all’interno del proprio Stato).
Il trasferimento della sede e i risvolti sulla tassazione dei plusvalori ha sempre determinato un crescente interesse delle autorità fiscali soprattutto di fronte al crescere dei processi di internazionalizzazione delle imprese e alla globalizzazione dei mercati.
Prima delle ultime novità introdotte il legislatore aveva previsto una metodologia di tassazione basata su tre pilastri principali:
• Tassazione immediata;
• Tassazione sospensiva (fino al realizzo dei beni);
• Rateizzazione in 6 anni.
La previgente disciplina non aveva però previsto alcunché in merito ai trasferimenti conseguenti indirettamente ad operazioni straordinarie come fusioni, scissioni e conferimenti, le quali - in base alla direttiva 2005/19/CEE - determinavano la tassazione dei plusvalori latenti laddove non confluenti in una stabile organizzazione.
In definitiva dunque la “Exit Tax” escludeva dal regime sospensivo (“tax deferral”) i trasferimenti verso paesi UE o dello Spazio Economico Europeo derivanti da altre operazioni straordinarie. Tutto ciò determinava una evidente distorsione nei regimi impositivi in quanto consentiva alle imprese di beneficiare o meno della sospensione della tassazione dei plusvalori a seconda delle operazioni utilizzate.
A questa criticità hanno messo la parola fine le recenti misure adottate nello specifico all’art. 11 che - modificando gli artt. 166 e 179 del TUIR – ha previsto il regime di “tax deferral” anche per i trasferimenti di sede che conseguono indirettamente ad operazioni straordinarie ovvero di una parte o della totalità degli attivi, aventi ad oggetto un’azienda o un ramo d’azienda, da una S.O. in Italia di una società estera verso altro Stato UE o del SEE.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni già a suo tempo previste dall’art. 166 ovvero dal D.M. 02.07.2014 e Provvedimento ADE del 10.07.2014.
Le novità secondo quanto stabilito dal decreto, esplicheranno i loro effetti a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore e quindi i trasferimenti rilevanti per la nuova disciplina decorrono dal periodo d’imposta 2015.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Claudio Rubino, Dottore Commercialista e Revisore Legale, redazione@exportiamo.it
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