La narrazione dell’Africa come continente in continua crescita in contrasto con un’economia globale martoriata in seguito alla crisi finanziaria del 2009 dal “new normal” della crescita anemica di economie e mercati, è stato il canovaccio del racconto degli ultimi dieci anni.
Le economie in rapida crescita dell’Africa sono riuscite certamente a distinguersi, ma oggi la situazione è in evoluzione e il calo dei prezzi delle materie prime e il rallentamento della crescita ha profonde implicazioni per le economie africane: la sfida per tutti è riuscire a convertire un boom economico decennale in una traiettoria di crescita più a lungo termine.
Queste e altre le contraddizioni emerse in questi anni nel continente nero e la pubblicazione “The Africa Investment Report 2015” a cura di fDi Intelligence, prova a tracciare percorsi di sviluppo per il continente africano oltre che rendicontare quelli che sono stati gli investimenti realizzati nei 54 stati africani nel corso del 2014.
Le aziende che hanno deciso di investire in Africa nel 2014 sono state 464 e dal quadro generale emerge come gli IDE in entrata abbiano rappresentato il 13% degli investimenti diretti esteri globali per valore e il 5% per numero di progetti.
Nello specifico a livello regionale sono aumentati del 64% in valore arrivando a 87 miliardi di dollari, mentre il numero di progetti è diminuito del 6% (660).
Il 38% del capitale investito interessa carbone, petrolio e gas naturale, la funzione aziendale più attrattiva nella regione è invece il manufacturing (33%).
L’Egitto di Al-Sisi registra uno dei maggiori incrementi di investimenti diretti esteri con un valore pari a 17.9 miliardi di dollari e una crescita del 42% nel numero di progetti di investimento annunciati (51). Crescono i progetti di investimento anche in Marocco (+59%) che , in ragione delle riforme promosse a favore del sistema privato a partire dalla riduzione della durata delle controversie commerciali è riuscito dal 2006 al 2014 a passare dalla XIV^ alla III^ posizione a livello continentale, affermandosi nel frattempo anche come uno dei maggiori investitori infra-continentale.
In Mozambico (+67%) si segnala l’importante annuncio della costruzione di ben 16 centri commerciali da parte della multinazionale belga Pylos, entra a pieno diritto nella Top Ten anche l’Etiopia (+100%) con 32 progetti di investimento, mentre ne rimane fuori - registrando un vistoso calo - l’Uganda (-40%).
Andando ai paesi investitori, in cima alla classifica di quelli stranieri per capitale investito troviamo la Francia con 18.3 miliardi di dollari, mentre la Turchia ha creato il maggior numero di posti di lavoro nel continente (16.593 nuovi posti di lavoro) e il Sud Africa risulta invece il maggiore datore di lavoro continentale con 6.964 posti.
Nel rapporto però ci si interroga sul fatto che mentre le economie dell’Africa sono in crescita, la disuguaglianza è in aumento in tutto il continente e la gioia di pochi è soffocata dal senso di esclusione della maggioranza della popolazione, serve appunto una dinamica in grado di generare una crescita inclusiva, in grado di elevare milioni di persone dallo stato di povertà, alla conduzione di una vita dignitosa.
Inutile sottolineare come il ruolo degli investimenti sia fondamentale perché se si dimostra intelligente, strategico, e audace, riesce a scatenare un’ondata di crescita e sviluppo condiviso e il primo campo in cui bisogna investire da questo punto di vista è in un upgrade infrastrutturale del continente che è la base per la costruzione di economie più solide e resistenti.
Va ripensato lo stesso modello di finanziamento dello sviluppo che dovrebbe essere in grado di cercare soluzioni ritagliate sulle esigenze degli Stati fragili e dai paesi che escono dai conflitti.
Akinwumi Adesina, già ministro nigeriano per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e dal 1° settembre 2015 ottavo presidente della Banca Africana di Sviluppo (AfDB), nel suo contributo ricorda come è fondamentale riuscire ad espandere le opportunità e sbloccare il potenziale del continente africano.
Bisogna superare le contraddizioni e ammettere a se stessi che non si può più accettare il fatto che l’Africa, un continente con abbondanti terre arabili, acqua, ricchezza agro-ecologica e sole, dipenda dalle importazioni alimentari, prendiamo coscienza che è lì, al contrario, il potenziale non sfruttato per sostenere le esigenze alimentari dei previsti 9 miliardi di persone che vivranno su questo pianeta entro il 2050.
Gli investimenti devono contribuire alla creazione di valore sul continente africano garantendo così la stabilità fiscale e macroeconomica dei paesi.
Oggi la ricchezza dell’Africa è fortemente concentrata nelle aree urbane, ma ci sono milioni di persone nell’Africa rurale che rimangono nella povertà ed è lì che bisogna concentrare gli sforzi maggiori, investendo nelle infrastrutture, nell’energia e garantendo l’accesso al credito per accelerare il processo di sviluppo e di conseguenza la crescita del reddito, dell’occupazione e dell’istruzione. Ciò è naturalmente possibile favorendo lo sviluppo del settore privato, creando sinergie tra gli investitori internazionali e gli imprenditori africani per vedere finalmente un’Africa prospera, sostenibile e inclusiva.
In conclusione appare evidente come gli investitori stranieri rappresentino una forza crescente nella trasformazione economico-sociale dell’Africa e il salto in attività di investimento nella produzione, in una regione che è stata a lungo un esportatore di materie prime, senza molta attività valore aggiunto è una novità interessante e a tratti commovente. Sono le stesse imprese a capire come la mancanza di diversificazione è anche un rischio per loro stessi in questi mercati come dimostra l’attuale politica e la volatilità delle valute nelle economie chiave a livello continentale come Nigeria, Angola, Ghana e Sud Africa, direttamente legati alle cadute drammatiche dei prezzi delle materie prime e del petrolio a livello mondiale.
Nell’introduzione del rapporto viene citato un adagio di un vecchio dirigente che conosceva bene il continente africano che punta dritto al nocciolo della questione:
“La strada per l’inferno è lastricata dalla relazione trimestrale di profitto.”
In Africa più che altrove è fondamentale andare oltre perchè il successo passa dalla capacità di trovare partner locali credibili, preparati e affidabili e di saper guardare in un’ottica di medio-lungo periodo, animati dalla coscienza che il lungo-termine e lo sviluppo devono essere la prospettiva e non la speculazione istantanea o l’usurpazione selvaggia di risorse e territorio.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it