Exportiamo ha partecipato con piacere ed entusiasmo, presso la prestigiosa sede dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, alla presentazione del libro “L’impresa internazionale nei cosiddetti paradisi fiscali” di Paolo Zagami, avvocato di rilievo nel panorama del diritto internazionale privato, che lavora dividendosi tra Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Sono stati proprio questi suoi viaggi di lavoro la fonte d’ispirazione per la stesura di un libro, tanto articolato concettualmente, quanto scorrevole nella lettura.
L’autore del libro affronta un argomento delicato - i paradisi fiscali - con abilità, riuscendo a tracciare un quadro chiaro, veritiero e soprattutto strutturato.
Durante la presentazione, ospiti illustri come il Prof. Beniamino Quintieri dell’Università Tor Vergata di Roma, il giornalista iracheno Saad Hussin e il magistrato italo-americano Cristina Posa, hanno offerto il loro contributo nei rispettivi campi, pronunciando parole di apprezzamento per il lavoro svolto dall’Avv. Zagami.
Tutti concordi nell’impossibilità di trascurare come punto di partenza il fenomeno della globalizzazione perché, è con l’affermarsi dell’apertura dei mercati e della libertà di circolazione di merci, persone e capitali che si è imposto - facendosi largo - il concetto di paradiso fiscale. Anche se come ricorda Zagami proprio nel primo capitolo del suo libro, la storia ci insegna che “l’uso di rifugi fiscali ritenuti sicuri” è da sempre parte delle strategie imprenditoriali, già dai tempi dell’Antica Roma, così come nell’Antica Grecia, nel Medioevo e nel Rinascimento, fino a giungere ai giorni nostri.
Cos’è un paradiso fiscale?
“I c.d. «paradisi fiscali» sono, in particolare, dei micro territori o degli Stati le cui legislazioni fiscali […] sono volutamente caratterizzate da una pressione tributaria molto bassa, lassista o inesistente, nel senso che essi offrono facilitazioni fiscali a investitori che operano offshore e più in generale un regime fiscale favorevole e spesso una totale «deregulation» ai detentori di capitali indipendentemente dall’origine di questi ultimi”.
Le classificazioni sono tante e varie, a seconda anche delle diverse caratteristiche che si prendono in considerazione.
Un paradiso fiscale non potrebbe esistere senza una sperequazione ampia tra gli Stati. Avere un’imposizione fiscale oltre il 46% (es. Italia, che tra l’altro è anche tra i primi 10 Paesi del mondo per numero di tasse) e Stati che presentano un’imposizione irrisoria o nulla, crea un dilemma: fuggire o restare?
La soluzione ideale potrebbe essere quella di avere tassazioni eque ma soprattutto sensate, riducendo la fuga verso mete paradisiache.
È stato sorprendente, durante l’evento, ascoltare quali fossero in realtà i paradisi fiscali più grandi.
Si è soliti immaginare isole, palme, sole, spiagge e mare cristallino. Niente di più falso. Isole sì ma grigie, con tanti grattacieli, zero spiagge e tanto smog. I più grandi paradisi fiscali sono i figli diretti delle grandi potenze industriali, stiamo parlando di Manhattan (quindi New York e Wall Street) e la Gran Bretagna (Inghilterra e la City di Londra). Due città - Londra e New York - riconosciute a livello mondiale, non solo come il centro nevralgico delle attività finanziarie, ma anche per il fatto che da lì si controllano le giurisdizioni offshore più importanti.
Nel libro emerge da un lato un’accusa ai paradisi fiscali che nella realtà sarebbe più opportuno definire “inferni fiscali” perché offerti da Stati corrotti e dall’altro una difesa che sottolinea la necessità di una concorrenza fiscale equa per evitare che nessuno esageri.
Ciò che manca è un finale. Sarebbe arduo azzardare un verdetto univoco sul vincitore per cui si lascia libero il lettore di creare una propria opinione e un proprio finale.
In realtà questi paradisi fiscali garantiscono un equilibrio macroeconomico tra gli Stati, troppo delicato da poter esser sovvertito, basti pensare che molte multinazionali - anche a partecipazione statale - risiedono in tali territori.
Non è nostro intento però svelare troppo al lettore curioso che avrà voglia di approfondire tale tematica, per cui non rimane che augurarvi una buona lettura!
Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesca D’Agostino, redazione@exportiamo.it
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