Il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese), di recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ha apportato rilevanti modifiche ad alcuni aspetti che interessano i processi di internazionalizzazione delle imprese.

Tra le novità più importanti, vi è sicuramente la previsione di cui all’art. 14 del decreto, dal titolo “Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti”.

Nel nostro ordinamento si introduce così la c.d. branch exemption (nuovo art 168-ter del Testo Unico dell’Imposta sui Redditi - TUIR), con la quale viene stabilito un criterio di esenzione degli utili e delle perdite conseguiti dalle Stabili Organizzazioni (SS.OO.) delle imprese italiane all’estero.

E’ evidente la portata rivoluzionaria del dispositivo, dato che – rispetto al passato e nell’ottica dei principi e criteri direttivi che hanno guidato il legislatore – si è voluto far beneficiare di una norma di favore quelle imprese impegnate all’estero mediante soggetti economici che spesso si trovano nell’occhio vigile del Fisco.

Nello specifico, le imprese potranno palesare un’opzione irrevocabile per le proprie SS.OO. estere che subiscono una tassazione “normale”, e non soggiacciono quindi alle limitazioni previste in caso di residenza in Stati o territori inclusi nel decreto o nel provvedimento emanati ai sensi dell’art. 167, comma 4, del TUIR, o quando per le stesse non ricorrano i presupposti dell’art. 152.

L’opzione irrevocabile fa scattare per le SS.OO. la specifica disciplina prevista per le Controlled Foreign Company - CFC (art. 167 TUIR), salvo la presenza di esimenti laddove previste.

La “relazione illustrativa” al decreto specifica poi che l’opzione va esercitata per tutte le S.O. di un soggetto economico italiano (c.d. principio “all in, all out”), sia che esse abbiano localizzazione in paesi “white” ovvero in paesi “black list”, tenendo conto che queste ultime sono trattate in modo diverso a seconda che sussistano le esimenti dell’art. 167 (rientrano nella branch exemption) o non sussistano le esimenti dell’art. 167 (vengono tassate “per trasparenza”).

Data la portata innovativa del provvedimento, il contribuente può esercitare l’opzione entro il secondo periodo successivo a quello di entrata in vigore del decreto, con effetto dal medesimo periodo d’imposta (ancora non è chiaro se l’opzione sarà operativa a partire dal 2017 o dal 2018).

Richiamate fin d’ora le previsioni per così dire di favore, l’art. 14 prosegue mettendo in luce alcune limitazioni del sistema.

Al comma 7 del citato articolo vi è la previsione del meccanismo noto come “recapture delle perdite”, un sistema restrittivo di riparabilità delle perdite della S.O., mediante il quale l’impresa residente - che in passato ha “importato” perdite – deve ricalcolare il reddito fino ai cinque periodi d’imposta precedenti all’opzione e, se ne deriva comunque una perdita, gli utili conseguiti successivamente dalla entità estera vengono tassati in Italia fino al definito riassorbimento.

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Al fine di evitare manovre “elusive”, il successivo comma 8 prevede altresì che venga applicato il “recapture” anche in caso di trasferimento della S.O. ad altra impresa del gruppo che usufruisca della branch exemption.

Le limitazioni concesse dal legislatore e le stringenti formalità possono indurre gli operatori del settore (soprattutto quelli medio-piccoli) ad una scarsa attrattiva del nuovo istituto.

Le imprese con poche S.O., in un’ottica di “costi-benefici”, potrebbero verificare le condizioni e dissuadersi dall’opzione per effetto essenzialmente di ritrovarsi con delle perdite assolutamente non compensabili in Italia.

Inoltre, l’opzione irrevocabile non permette alle imprese un passo all’indietro (e avvalersi del metodo del credito ed il riconoscimento delle perdite): affinché la scelta sia appetibile, debbono essenzialmente effettuare una stima sui risultati dei futuri investimenti tramite SS.OO. che, necessariamente, dovranno essere positivi.

Paradossalmente, palesandosi alcune delle situazioni di criticità emerse, potrebbe verificarsi un “effetto boomerang” rispetto ai nobili intenti laddove, la volontà di evitare fenomeni di doppia tassazione potrebbe scontrarsi nella realtà con potenziali fenomeni di doppia non deduzione o, al limite, tassazione di materia imponibile “virtuale”.

Sarebbe stato forse opportuno prevedere una via d’uscita dal sistema, così come richiesto da più parti in sede di lavori preparatori delle norme.

Sta di fatto che - così come concepita - la “rivoluzione” adottata dal legislatore lascia intravedere comunque degli aspetti positivi soprattutto nella considerazione dell’eliminazione delle incertezze derivanti dalla localizzazione di entità in altri paesi e la certezza delle modalità di tassazione.

Il comma 10 del decreto infatti definisce anche le modalità di determinazione del reddito delle SS.OO. assoggettate al regime di branch exemption, secondo l’art. 152 del TUIR e in base al principio/finzione elaborato dall’OCSE, che vede la stabile organizzazione quale “functionally separate entity”, cioè entità distinta e separata dalla “casa madre”.

Il richiamo all’art. 152 fa sì che i componenti di reddito delle SS.OO. relativamente alle transazioni e alle operazioni con la propria casa madre, siano determinati applicando le disposizioni in materia di “prezzi di trasferimento” di cui all’articolo 110, comma 7, del TUIR. Tutto questo porta in definitiva a determinare la S.O. quale entità autonoma e indipendente con una propria individualità commerciale ed operativa nel territorio estero ed a determinare la corretta remunerazione delle operazioni concluse con la casa madre, mediante l’applicazione dei principi propri del transfer pricing.

L’ultimo comma dell’art. 14 del decreto, infine, prevede che l’Agenzia delle entrate debba pubblicare a titolo esemplificativo sul proprio sito le fattispecie ritenute elusive.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Claudio Rubino, Dottore Commercialista e Revisore Legale, redazione@exportiamo.it

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