Con la Dichiarazione di Sharm-El-Sheik dello scorso mese di giugno, 26 paesi africani hanno intrapreso il percorso che porterà nel prossimo biennio alla creazione di una grande area di libero scambio che attraverserà l’intero continente africano, dal Cairo a Città del Capo, praticamente mezza Africa.

Stiamo parlando della “COMESA-EAC-SADC Tripartite Free Trade Area” (TFTA), il risultato di sette anni di negoziati per un potenziale mercato unico di 625 milioni di persone - più della metà dell’intera popolazione del continente nero – un mercato che oggi vale già 1.200 miliardi di dollari in termini di PIL, animato da paesi in forte crescita che negli ultimi anni hanno registrato tassi medi di crescita dell’economia pari al 5%.

Un accordo tripartito perché sono tre degli otto grandi blocchi commerciali intraregionali già esistenti - Southern African Development Community (SADC), East African Community (EAC) e Common Market for Eastern and Southern Africa (COMESA) - a provare a “fare sistema”, cercando di essere nella loro unione più delle singole parti con obiettivi nobili, ambiziosi e in parte scontati.

Gia perché l’integrazione del mercato tra i 26 paesi firmatari della TFTA (Libia, Egitto, Etiopia, Eritrea, Sudan, Djibouti, Kenya, Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Burundi, Rwanda, Uganda, Malawi, Madagascar, Seychelles, Comore, Mauritius, Angola, Zambia, Zimbabwe, Namibia, Botswana, Mozambico, Lesotho, Swaziland, e Sudafrica) punta a creare zone di libero scambio per le merci, rimuovendo barriere tariffarie e non tariffarie per favorire la libera circolazione delle merci e delle persone, mentre nel tempo l’obiettivo é arrivare alla liberalizzazione dei servizi e degli incentivi per gli investimenti. 

Adesso naturalmente bisognerà passare dai principi ed i buoni propositi alla realtà e per fare ciò non si può prescindere dall’approvazione dei 26  parlamenti nazionali che dovranno ratificare il patto e ciò si concretizzerà non prima del 2017.

Rimangono fuori da quest’area paesi importanti e tra i più dinamici dell’intero continente come Nigeria, Ghana e Costa D’Avorio e più in generale l’Africa Occidentale anche se con lungimiranza sono stati anche avviati negoziati per allargare ulteriormente l’area di libero scambio entro i prossimi due anni e arrivare a creare un “Continental Free Trade Agreement” in grado di portare all’integrazione di tutti e 54 i paesi africani.

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Il punto di partenza per gli scambi infraregionali tra i paesi membri é infimo, rappresentando solo il 10% degli scambi sul totale, mentre giusto per dare un termine di riferimento all’interno dell’UE il dato sale fino al 70%. Inoltre negli ultimi anni l’aumento delle esportazioni extra-africane nel continente provenienti prevalentemente da Cina, India e Brasile ha ridotto ulteriormente la percentuale di scambi africani.

La rimozione delle barriere tariffarie secondo le stime della stessa Unione Africana, dovrebbe portare a raddoppiare e oltre gli scambi commerciali intraregionali arrivando almeno al 22%.

Naturalmente oltre a favorire l’integrazione commerciale sarà fondamentale garantire e favorire lo sviluppo infrastrutturale e delle vie di comunicazione all’interno del continente attraverso la progettazione e realizzazione di strade, autostrade, linee ferroviarie e aeroporti che in alcuni casi sono del tutto inesistenti e in altri ancora eredità del passato coloniale.

I processi di integrazione regionale e lo sviluppo di aree di libero scambio rappresentano certamente tra le tendenze più importanti in atto a livello globale, come abbiamo visto per l’area ASEAN, e a più riprese in merito ai mega-regional agreements promossi dagli Stati Uniti sulle sponde dei due oceani e proprio in questo mese di settembre seguiremo le evoluzioni dei negoziati sul TTIP.

La prospettiva di un’Africa unita, oltre ad essere interessante per le potenziali opportunità per le nostre stesse aziende che potrebbero giovare di questa nuova dinamica e essere certamente tra le protagoniste nel garantire lo sviluppo infrastrutturale necessario al continente nero, rimane certamente affascinante con il riscatto di un continente intero spesso bistrattato dall’uomo e dalla storia.

La strada é ancora tanta e tendenzialmente anche in salita, tante le contraddizioni da affrontare e nodi da sciogliere sul piano politico, economico e commerciale, ma la coscienza di un orizzonte di unità é ormai realtà.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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