In questi mesi abbiamo seguito con estremo interesse e necessaria coscienza le evoluzioni del negoziato per la conclusione del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) tra Stati Uniti ed Unione Europea.

Arrivati ad oggi, la certezza maggiore sta nel fatto che il fattore tempo prende sempre di più il sopravvento.

La scadenza del gennaio 2017 si avvicina sempre di più, e con essa anche l’opportunità politica di approfittare della fine del secondo mandato del Presidente Obama segnato da successi importanti sul piano internazionale, a partire dal doppio disgelo nel Golfo Persico e nei Caraibi, fino a qualche tempo fa neanche lontanamente immaginabile.

La volontà politica di dare un nuovo volto anche al commercio internazionale con la promozione, sulle due sponde oceaniche di mega-regional agreements, é chiara, ma le difficoltà altrettanto.

Gli interessi in gioco sono tanti e distinti e il capo della delegazione dell’Unione Europea Ignacio Garcia Bercero, nelle dichiarazioni conclusive del X^ round di colloqui tenutosi a Bruxelles dal 13 al 17 luglio, ha esplicitato chiaramente la volontà (e la necessità politica): “Vogliamo cercare di completare i negoziati con l’amministrazione Obama”, mentre il suo omologo, Dan Mullaney ha ribadito: “Intendiamo lavorare ogni giorno disponibile e stiamo dando un’ulteriore accelerazione al ritmo di lavoro quest’anno”.

Sul versante europeo, l’ultimo round di negoziati é stato preceduto dal voto da  parte del Parlamento Europeo, durante la plenaria di luglio, della risoluzione presentata dal Presidente della Commissione per il Commercio Internazionale Bernd Lange (Socialisti europei), un atto che elenca le raccomandazioni degli eurodeputati ai negoziatori della Commissione, capace di convincere - dopo le difficoltà del mese precedente - un fronte ampio e trasversale con 436 voti favorevoli, 241 voti contrari e 30 astenuti.

Nella risoluzione vengono toccati diversi punti a partire dalla clausola “Investor-state dispute settlement” (ISDS), ovvero la “Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato”, uno degli aspetti sui quali mette in guardia maggiormente chi si oppone – e non sono pochi all’interno dell’opinione pubblica nazionale ed europea – alla conclusione del trattato.

Durante la sua recente visita a Roma, il Commissario Europeo al Commercio, Cecilia Malmstrom, riferendosi ai negoziati in corso sul TTIP aveva affermato:

“Dobbiamo proteggere imprese e capitali delle imprese UE all’estero da discriminazioni e nazionalizzazioni. Miriamo a una Corte Internazionale per gli Investimenti a tutti gli effetti, con un sistema di appello completo, al posto del meccanismo arbitrale in uso oggi. Ci sarà un chiaro riferimento al fatto che i governi hanno il diritto di regolamentare nell’interesse pubblico”.

Il Parlamento europeo ha effettivamente rigettato la tradizionale formula dell’ISDS - ricorso a un arbitrato senza appello presso una corte arbitrale per le imprese che sentano minacciati i loro profitti da un’autorità pubblica che le ospita - invocando la possibile creazione di un tribunale internazionale ad hoc, ma sempre Garcia Bercero a latere del round negoziale ha ricordato: “Il messaggio dell’Europarlamento era molto chiaro. Abbiamo bisogno di proteggere gli investitori garantendo al contempo il pieno diritto degli Stati di legiferare nell’interesse pubblico. Crediamo sia possibile una buona discussione con reciproca soddisfazione”.

Della serie una soluzione andrà trovata…

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Un capitolo che interessa molto il nostro paese é quello relativo alle indicazioni geografiche e - anche se ancora in Europa troppi progressi non sono stati fatti in materia e senza dimenticare come fosse uno degli obiettivi decisamente non centrati durante il deludente Semestre italiano di presidenza dell’UE nel 2014 - si pretende che il TTIP garantisca “il pieno riconoscimento e una forte protezione giuridica” delle indicazioni geografiche dell’Unione.

L’obiettivo commerciale di sopprimere tutti i dazi doganali, deve tener conto del fatto che “esistono diversi prodotti agricoli e industriali sensibili sulle due sponde dell’Atlantico, per i quali bisognerà compilare delle liste complete durante il processo di negoziazione” e che dovranno essere previste “misure volte ad affrontare i casi di uso improprio e di informazioni e pratiche fuorvianti” per tutelare i prodotti europei in vendita sul mercato americano.

Un altro nodo delicatissimo é la diversa concezione e sensibilità sulle due sponde dell’Atlantico in merito agli OGM e così il Parlamento Europeo ha ribadito nella risoluzione che non ci sia “alcun accordo nei settori in cui l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno norme molto diverse, come ad esempio nel caso dei servizi sanitari pubblici, gli organismi geneticamente modificati, l’impiego di ormoni nel settore bovino, il regolamento Reach (relativo ai prodotti chimici) e la sua attuazione e la clonazione degli animali a scopo di allevamento” e che gli Usa revochino il divieto d’importazione delle carni bovine europee.

Altra esplicita richiesta di tutela é quella relativa ai dati personali che invoca l’inserimento di una clausola “che esoneri totalmente dall’accordo il vigente e futuro quadro giuridico dell’Ue sulla protezione dei dati personali”, perché l’approvazione definitiva del TTIP “potrebbe essere a rischio fintantoché gli Stati Uniti non cesseranno del tutto le attività di sorveglianza indiscriminata di massa e non si troverà una soluzione adeguata alla questione del diritto alla riservatezza dei dati dei cittadini dell’Unione” così come almeno sempre nelle intenzioni, UE e Stati Uniti, dovrebbero condividere una dichiarazione comune nella quale venga esplicitamente escluso dal campo di applicazione del TTIP qualsiasi servizio d’interesse generale attuale e futuro, come l’acqua, la sanità, i servizi sociali, e l’istruzione, perché le normative e il finanziamento di tali servizi restino completamente nelle mani delle autorità nazionali e locali.

Anche in materia di Cinema e cultura l’accordo non dovrà incidere sulla capacità UE o dei suoi Stati membri di erogare sovvenzioni o garantire sostegno finanziario alle industrie culturali e ai servizi culturali, di istruzione, audiovisivi e stampa così come non sarà accettata alcuna ingerenza nemmeno nel sistema di fissazione dei prezzi per libri e periodici.

Uno dei temi più discussi e più economicamente interessanti é quello legato all’accesso agli appalti pubblici e qui il Parlamento Europeo richiede uno sforzo alla controparte per eliminare le restrizioni attualmente vigenti negli Usa a livello federale, statale e locale, oltre a prevedere dei meccanismi per garantire che gli impegni assunti dalle autorità federali statunitensi siano onorati a tutti i livelli politici e amministrativi, l’approccio molto risolutivo in materia é in realtà conseguenza della quasi totale inaccessibilità del mercato statunitense per le imprese europee, dunque rimane un dato di facciata.

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Andando invece alla dimensione ambientale e sociale, gli eurodeputati agognerebbero un accordo “ambizioso, globale, equilibrato e di alto livello”, capace di promuovere “lo sviluppo sostenibile di benefici condivisi per tutti gli Stati membri”, attraverso una maggiore cooperazione transatlantica per preservare standard normativi e di tutela dei consumatori, e prevenire dumping sociale, fiscale e ambientale.

Il TTIP dovrà contestualmente assicurare “il livello più elevato di protezione della salute e della sicurezza, conformemente al principio di precauzione”, garantendo la tutela “dei consumatori, della normativa in materia di lavoro, ambiente e benessere degli animali nonché della diversità culturale esistente nell’Ue”.

I punti critici del negoziato, oggi come ieri, rimangono chiari ed evidenti e il “politichese” della risoluzione del parlamento europeo, non riesce a nasconderli.

In termini generali la legislazione in tema di proprietà intellettuale, gli standard sull’approvazione di prodotti che possono avere effetto sulla salute, e la protezione dei dati personali continuerà a scontrarsi con le diverse istanze e le diverse sensibilità presenti sulle due sponde dell’oceano.

Il concetto di “denominazione d’origine” ad esempio negli Stati Uniti é pressoché sconosciuto, mentre in Europa é spesso utilizzato come baluardo delle tradizioni locali e garanzia di non appropriazione da parte di paesi terzi.

In termini settoriali i principali problemi interessano tutti i settori in cui la regolamentazione mira a garantire la sicurezza dei prodotti e anche in questo caso, mentre l’UE si affida al “Principio di Precauzione” e al controllo amministrativo e sostanziale preventivo nel determinare l’accesso o meno al mercato di prodotti innovativi (OGM su tutti), gli Stati Uniti preferiscono, pragmaticamente, un approccio basato sui costi e i benefici e sul controllo successivo.

L’obiettivo é comunque ambizioso e UE e Stati Uniti prevedono di completare i negoziati entro la fine di quest’anno che darà vita al più grande accordo commerciale della storia, un’area di libero scambio commerciale che va dall’Alaska all’Europa dell’est.

L’ultimo round negoziale a detta dei protagonisti, é stato animato anche da “discussioni positive” o “fruttuose” nell’esplorare alcuni territori insidiosi come appunto il già citato accesso delle imprese alle commesse e agli appalti pubblici, o l’uniformazione di norme e regolamenti in alcuni settori, la concorrenza, le dispute stato-stato, come anche l’accesso ai mercati delle PMI, tutti temi delicati che interessano totalmente e in prima persona il nostro sistema economico.

Gli stessi negoziatori hanno però ammesso come molte questioni siano ancora in fase embrionale e di “reciproco studio” e a settembre, alla ripresa dei negoziati, oltre ai punti rimandati, si affronteranno nel concreto anche i rispettivi principi sulla sostenibilità, capitolo importante che riguarda i diritti sindacali, l’ambiente e la tutela della salute.

Insomma il dialogo prosegue, le aspettative crescono, le attenzioni si moltiplicano, ma é tutto rimandato a settembre…

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

 

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