Il difficile approccio al Transfer Price - I metodi di determinazione del valore normale

Il difficile approccio al Transfer Price - I metodi di determinazione del valore normale

13 Luglio 2015 Categoria: Fiscalità Internazionale Paese:  Italia

La normativa sul ”transfer price (o pricing)” nasce per rimuovere le implicazioni soggettive di carattere fiscale mediante la fissazione di prezzi nelle transazioni commerciali intercorrenti tra società di un medesimo gruppo multinazionale, come se esse fossero intercorrenti tra soggetti tra loro indipendenti.

 

In molti casi é evidente come le imprese adottino prezzi sulle transazioni infragruppo notevolmente diversi da quelli che applicherebbero a soggetti terzi e le ragioni vanno dal tassare gli utili in paesi a fiscalità più vantaggiosa all’aggirare normative antidumping o sul segreto bancario.

 

Nei casi più frequenti, l’arbitraggio si verifica per motivazioni di ordine fiscale e per questo motivo le norme in materia di “transfer price” mirano a contrastare innanzitutto abusi nelle transazioni fra imprese dello stesso gruppo, evitando così di spostare materia imponibile da una giurisdizione tributaria ad un’altra più favorevole.

 

La policy sui prezzi di trasferimento é stata determinata in sede internazionale mediante principi dettati essenzialmente dagli organismi preposti quali OCSE e Unione Europea.

 

Il legislatore nazionale - traendo spunto dalle linee guida internazionali - ha introdotto nel nostro ordinamento fiscale il comma 7 dell’art. 110 del Testo Unico dell’Imposta sui Redditi, che così recita:

 

“I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, …”.

 

Accanto alla normativa positiva fu a suo tempo emanata dal MEF la famosa Circolare 22 settembre 1980, n. 32 (integrata dalla Circolare 12 dicembre 81, n. 42), che andava essenzialmente a esplicitare tutte le circostanze delle nuove disposizioni.

 

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Nel documento di prassi venivano indicati alcuni metodi di determinazione del prezzo, mutuati da quelli OCSE, distiguendo tra quelli cc.dd. tradizionali(basati sulla valutazione della singola transazione) e quelli cc.dd. alternativi (basati sul profitto del gruppo nella sua interezza, senza fare riferimento alla singola transazione).

 

Tra i metodi tradizionali rientrano:

 

metodo di libera concorrenza o del confronto del prezzo (Comparable Uncontrolled Price o “CUP”): serve a determinare il valore normale mediante il confronto tra il prezzo praticato nell’operazione in verifica con quello desunto da un’operazione comparabile, che sia intervenuta tra un soggetto appartenente al gruppo ed un soggetto indipendente (“confronto interno”) ovvero tra soggetti indipendenti (“confronto esterno”);

 

metodo del prezzo di rivendita (Resale Minus o “RM”): é il prezzo al quale i beni o servizi che sono stati acquistati da un soggetto appartenente al gruppo (il rivenditore), sono da esso rivenduti ad un soggetto indipendente, diminuito di un margine di utile lordo nel quale vanno compresi, oltre all’utile netto del rivenditore i costi inerenti alla vendita;

 

metodo del costo maggiorato (Costo Plus o “CP”): serve a determinare il valore normale dal costo di produzione del bene oggetto delle operazioni in verifica aumentato di un margine di utile lordo.

 

Appartengono invece alla classe dei metodi alternativi:

 

metodo della ripartizione dei profitti globali: prevede la suddivisione dell’utile netto globale, scaturente da una vendita o da una serie di vendite intercorse tra due imprese consociate, in proporzione ai costi sostenuti.

 

metodo della comparazione dei profitti: i profitti vengono confrontati con quelli ottenuti da un soggetto terzo operante nel medesimo settore economico;

 

metodo della redditività del capitale investito: é necessario innanzitutto prima individuare la percentuale di rendimento del capitale investito in transazioni effettuate in regime di libera concorrenza e quindi applicarla al capitale investito dalla società nell’operazione controllata, senza tener conto dei costi o dei ricavi delle vendite.

 

metodo dei margini lordi del settore economico: solo accennato nella Circolare n. 32  la quale, dopo aver ricordato che i margini lordi di profitto calcolati per settore economico possono fornire valide indicazioni, si limita a suggerire tale formula: (percentuale di profitto lordo) X - RICAVI – COSTI/COSTI.

 

Inizialmente, le Linee Guida OCSE nel 1995 prevedevano una rigida gerarchia nell’utilizzo dei metodi di determinazione del valore normale (in primis il metodo CUP, poia seguire quello RM, e così via fino ai metodi alternativi).

 

Nel 2010, sulla scia di una rivisitazione dei principi in materia, le nuove Linee Guida hanno invece ammesso l’individuazione e la scelta del metodo ritenuto più appropriato, superando quindi le rigidità del passato e così solo nel caso di due metodi parimenti applicabili, la scelta dovrà cadere su quello tradizionale e comunque prima di tutto sul metodo del confronto del prezzo (CUP).

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Claudio Rubino, Dottore Commercialista e Tax Manager, redazione@exportiamo.it

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