Abbiamo più volte sottolineato come nel contesto attuale di crescente integrazione dei mercati a livello internazionale sia indispensabile innanzitutto individuare i nostri punti di forza e su cosa puntare in maniera organica e sistemica per garantire sviluppo e crescita alle generazioni future. 

Sono tanti quindi gli interrogativi ai quali bisogna sapere rispondere con le soluzioni e le proposte più adeguate, ad esempio quali attività produttive hanno maggior potenziale o quale sia il tipo di innovazione necessaria per fronteggiare la crescente competizione internazionale?

Esistono fasi delle filiere industriali su cui l’Italia é già ben posizionata e quali sono invece quelle sulle quali é più necessario investire?

Qual é il ruolo e l’influenza del sistema istituzionale nel favorire o ostacolare l’emergere delle eccellenze italiane?

Sono queste alcune delle domande che sono state poste agli associati ad Aspen Institute Italia per fare il punto sugli scenari attuali e futuri, i cui risultati sono raccolti nell’indagine “Ascesa e declino dei tradizionali driver dello sviluppo: nuovi scenari futuri”.

Per quanto riguarda la prima parte dell’indagine incentrata sul tema “Competitività delle imprese e del Sistema Italia”, esiste una forte dualità nella valutazione della competitività dell’Italia e così per il 68% dei rispondenti al questionario, le imprese italiane in uno scenario di crescente integrazione economica internazionale, sono abbastanza o molto competitive.

Addirittura il 92% però, ritiene che il Sistema Paese nel suo complesso possa essere invece considerato poco o per nulla competitivo.

Nel dettaglio emerge come i settori del “Made in Italy” (inclusi i beni per la cura della persona, dell’alimentazione e della casa) reagiscono alla concorrenza della Cina e degli altri Paesi emergenti spostandosi sulle produzioni e le esportazioni di beni a più alto valore aggiunto.

La meccanica s’impone sempre più come filiera trainante nella bilancia commerciale italiana, capace di conquistare una vasta serie di leadership di nicchia nelle macchine industriali e nella componentistica, compensando parte delle quote di mercato perse da settori più tradizionali nelle produzioni a più basso valore aggiunto.

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Performance particolarmente positive interessano l’export di prodotti farmaceutici, aumentato grazie soprattutto agli importanti investimenti produttivi di multinazionali straniere in Italia.

Le sfide per il sistema industriale italiano sembrano risiedere soprattutto nella sostenibilità e nella qualità del contesto economico, istituzionale e regolatorio di riferimento, una storia già raccontata e sotto gli occhi di tutti noi, quella della realtà duale che vede la presenza di imprese competitive in un ambiente non competitivo.

Il maggior contributo potenziale alla crescita deriva invece dagli investimenti in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e processi produttivi e dalla capacità di commercializzare e distribuire il prodotto riuscendo a raggiungere il consumatore attento alla qualità del Made in Italy, in Italia come all’estero.

Sono queste fasi della filiera che necessitano dei maggiori investimenti in termini d’innovazione, per mantenere ed aumentare quote di mercato e contributo alla crescita.

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Infatti secondo l’86% degli associati ad Aspen Institute Italia, i settori più colpiti dalla crisi economica sono quelli che contavano principalmente sulla domanda interna mentre - in prospettiva futura per buona parte degli intervistati (64%) - i settori trainanti saranno quelli che potranno contare principalmente sulla domanda estera.

Il problema di accesso al credito é invece un’esigenza molto sentita (81%) e la risorsa finanziaria più difficile da reperire é il capitale di rischio e/o venture capital (30%) mentre solo in seconda battuta viene il credito bancario a lungo termine (26%) e poi il credito bancario a breve termine (11%). 

Ad emergere é anche come la capacità di accesso al credito sia molto eterogenea a livello regionale. Trascurata nel dibattito pubblico, la difficoltà delle imprese nel ricorrere a capitale di rischio é una debolezza del sistema finanziario italiano rispetto ad altri concorrenti internazionali.

Per la maggioranza degli intervistati l’Unione Europea continua a rappresentare un’opportunità di sviluppo per il nostro sistema produttivo, certamente in termini d’innovazione e internazionalizzazione.

Tra le evoluzioni necessarie e auspicabili si sottolinea l’importanza di un mercato comune dell’energia e di una politica energetica comune, anche estera, che aiuti a fronteggiare gli alti costi energetici, mentre tra le recenti politiche messe in campo per adeguarsi ai mutamenti strutturali indotti dalla globalizzazione molto apprezzati sono invece agli incentivi alla formazione e alla mobilità dei lavoratori.

Per oltre l’84% degli associati ad Aspen Institute Italia l’innovazione é una priorità strategica per l’Italia, cui si somma un altro 8% per cui essa é abbastanza importante.

Rilievo assolutamente primario assume l’innovazione di prodotto/servizio rispetto all’innovazione del processo produttivo e all’innovazione organizzativa, mentre solo il 44% é invece d’accordo che l’innovazione finanziaria costituisca una priorità.

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Per la maggioranza degli associati ad Aspen Institute Italia (52%) é necessario procedere contemporaneamente ad un maggior sviluppo tecnologico domestico e ad un’acquisizione di tecnologie dall’estero.

Sulle forme di tutela della proprietà intellettuale, la brevettazione resta cruciale (d’accordo o molto d’accordo l’82%) e anche le strategie di vendita sono molto importanti (d’accordo o molto d’accordo il 79%), ma emerge anche una volontà di ricerca di “altre” forme di tutela (per cui sono d’accordo o molto d’accordo l’84%). 

Negli ultimi 8 anni  però i brevetti presentati dalle società sono scesi da 8.238 a 7.255, con flessioni significative nel settore “Food & Beverages,” nel “Chimico-Farmaceutico” e nel settore Macchine utensili, mentre danno un segnale di speranza solo nel settore dell’elettronica di consumo.

Secondo una larga maggioranza degli associati ad Aspen Institute Italia (69%), un altro limite strategico che emerge per le imprese italiane é l’incapacità di valorizzare le risorse umane che hanno a disposizione, non essendo in grado di promuovere ed attrarre i talenti italiani (79%), ne tanto meno di promuovere ed attrarre talenti dall’estero (92%).

Per migliorare la gestione del capitale umano si ritiene invece necessario allo stesso tempo investire maggiormente in tecnologie informatiche e sfruttare meglio quelle già in dotazione.

In conclusione, lo scenario presenta come sempre tra luci e ombre alla ricerca di una collocazione nel nostro futuro e come sempre, servirà l’impegno di tutti per cercare di riuscire a illuminare il futuro del paese, piuttosto che passivamente far prevalere le ombre del mancato sviluppo, in una realtà dinamica che corre sempre più del dovuto, capace di sgretolare certezze consolidate nei decenni precedenti in men che non si dica.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

 

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