Il referendum dello scorso 5 giugno in Grecia ha fatto conoscere a tutto il mondo come si dice “No” in Greco.
Questo il quesito con il quale i cittadini greci si sono dovuti confrontare:
“Deve essere accettato il piano di compromessi proposto dalla Commissione europea, il Fondo Monetario internazionale e la Bce all’Eurogruppo del 26 maggio 2015, composto da due documenti che costituiscono l’intera offerta? Il primo documento si intitola “Riforme per il completamento del programma corrente e oltre” il secondo “Analisi preliminare della sostenibilità del debito”.
Due le alternative “???” e “???”.
La risposta per oltre il 61% dei votanti – con un’affluenza al 65% ben oltre la soglia del 40% del quorum - é stata “???”, un chiaro e definito “no” che rappresenta allo stesso tempo un incubo e una speranza per il destino europeo.
Un’Europa che si proclama unita, ma che forse come metteva in guardia il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, in quel 9 maggio 1950, nello storico discorso nel cui ricordo annualmente si celebra la festa della stessa UE, deve ancora prendere coscienza del fatto che:
“L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
Siamo dunque a un crocevia obbligato verso la politica che l’abile, giovane e deciso primo ministro greco, Alexis Tsipras ha pilotato in questi mesi di negoziati.
Max Weber scriveva: “Compito dell’uomo politico é di occuparsi del futuro e delle possibilità di fronte ad esso e non della questione politicamente sterile perché insolubile, della colpa connessa al passato”
Adesso il dubbio é quindi sul che fare perché – ad esempio secondo il Presidente socialista francese Hollande – che da subito si é posto quale mediatore tra le posizioni inconciliabili di Atene e Berlino:
“Tocca a Tsipras fare proposte serie e credibili, non c’é più molto tempo. Prendiamo atto del risultato e rispettiamo il voto dei greci perché l’Europa é la democrazia”.
Da Parigi invece Angela Merkel non ha dubbi: “C’é urgenza. Rispettiamo l’esito del referendum greco ma dobbiamo tenere conto anche di ciò che pensano gli altri 18 Paesi dell’Eurogruppo. Anche questa é democrazia”.
Intanto a Bruxelles sono attese le nuove proposte da parte del governo greco che interpreta i risultati e la fiducia ricevuta dal popolo greco, non come una spinta verso la rottura che renda possibile lo scenario “Grexit”, ma come una legittimazione ancora maggiore per poter negoziare un accordo in grado di ridare dignità al paese e alla popolazione stremata dai malaffari (complici tutti) del passato e da un rigorismo cieco che a volte non riesce a uscire dalla miopia che si autoimpone e sullo sfondo riecheggia sempre Weber, per provare a definire lo spirito di un popolo deluso ma non arreso perché:
“Una nazione perdona una lesione dei propri interessi, non l’offesa del proprio onore, meno che mai quando questa é perpetrata con prepotenza farisea”.
La “prepotenza farisea” si definisce in base al punto di vista e agli interessi dell’osservatore naturalmente, ma é vero come l’intransigenza del passato da parte di tutti gli attori in campo non abbia reso possibile il raggiungimento di un risultato, mentre fin dalla sua elezione Tsipras ha dovuto scontare l’etichetta di populista e sognatore, ritagliandosi nel frattempo un posto nella storia europea in luogo dell’onnipresenza nelle cronache.
Romano Prodi in una intervista a “la Stampa” ha dichiarato senza mezzi termini commentando in diretta i risultati del “Greferendum” che l’Europa é un “pane cotto a metà” mettendo in guardia sulla realtà emergente:
“Diciamo la verità, il risultato del referendum greco in queste proporzioni non se lo aspettava nessuno. Non é più tempo di rinvii, l’ora é adesso: la Grecia sta scoppiando e se l’Europa non trova una soluzione, non é più credibile. Alla svelta si apra un tavolo per un compromesso in Grecia, ma al tempo stesso l’Europa ne apra un altro, più grande: abbandoni la dottrina di questi anni, perché altrimenti altri casi Grecia si susseguiranno fino alla distruzione del disegno europeo”.
L’ex presidente della Commissione europea ha ribadito inoltre come un compromesso convenga ai nostri partner e come la stessa UE, per l’ennesima volta sarà costretta all’evoluzione su impulso esterno perché per motivi diversi sia gli Stati Uniti che la Cina non possono prescindere dall’UE e dall’euro.
Da più parti il giorno dopo sono tutti pronti a invocare un cambio di passo tra il rigore e lo sviluppo mentre la Merkel aspetta al varco le nuove proposte del governo greco, pronto ad accettare l’accordo di fronte ad un taglio del debito e in Italia addirittura si é scomodato il sempreverde Carlo Azeglio Ciampi, classe 1920, per ricordare a tutti che:
“Una costruzione imperfetta basata solo sulla pur fondamentale gamba della moneta non può reggere. Non basta la moneta a garantire crescita e futuro ai nostri figli e nipoti”.
Gli analisti fanno sapere invece che la scelta del popolo greco avvicina sempre di più l’incubo “Grexit” che diventa lo scenario base, mentre in Germania é il leader socialdemocratico e Vice Cancelliere, Sigmar Gabriel ad affermare senza mezzi termini: “Tsipras ha rotto l’ultimo ponte verso l’accordo”.
Intanto Atene va incontro alle scadenze previste nelle prossime settimane e in caso di mancato accordo, c’é già una data per il possibile “default”, il prossimo 20 luglio quando Atene dovrà rimborsare 3,4 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale.
Il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha confermato la liquidità di emergenza (ELA) per le banche greche, bloccandola a 89 miliardi di euro chiedendo maggiori garanzie, dimostrando cortese, ma urgente pazienza nella ricerca di una soluzione o meglio di un compromesso.
Probabilmente i sanculotti che marciarono sulla Bastiglia nel luglio del 1789 non avevano minimamente coscienza di quanto avrebbero pesato sul cammino futuro dell’umanità, perché spesso vivere e animare il proprio tempo significa anche non comprenderlo.
Oggi appare evidente come la lotta sia sulla visione d’Europa che si vuole realizzare, nel rispetto del disegno originario basato su un impianto solidaristico e non rigorista come ha preso il sopravvento negli ultimi anni, travolta dalla crisi finanziaria e dal compenetrarsi dei concetti di colpa e debito.
E’ necessario arrivare a una soluzione che riconsideri il circuito democratico, capace di farci uscire dal freddo dominio di numeri e tecnica con la convinzione che non si tratta di un approccio umanitario ma piuttosto di una precisa responsabilità per ogni cittadino europeo.
Nel frattempo occhi puntati su Bruxelles e dintorni con la coscienza che forse tra qualche anno benediremo la “tragedia greca” e la certezza che la democrazia vale sempre più del rigore che in Germania però é democratico…
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it