Come é noto, l’IVA é disciplinata dal DRP 633/7 e si configura come un’imposta indiretta sui consumi che va a gravare per intero sul consumatore finale (il contribuente di fatto), anche se gli adempimenti connessi sono posti a carico di soggetti diversi (i contribuenti di diritto) ed é dovuta nel Paese in cui il bene é consumato.

 

Essendo un’imposta indiretta che colpisce i consumi, l’IVA risulta neutra per tutti i soggetti passivi che intervengono nel processo di produzione e distribuzione dei beni e servizi fino al consumatore finale che – ultimo anello della catena – assume invece il ruolo di contribuente “inciso” dal tributo.

 

Il peculiare meccanismo per la rilevazione dell’IVA é quello di costituire un’imposta volta a trasferire, mediante gli istituti della rivalsa e della detrazione (regolamentati dagli artt. 18 e 19 del decreto IVA), il carico fiscale dell’imposta sul consumatore finale.

 

In linea generale, il meccanismo dell’IVA funziona attraverso la tassazione di tutte le vendite di beni o le prestazioni di servizi effettuati dalle imprese.

 

L’acquirente paga, oltre al prezzo netto del bene o del servizio, una maggiorazione rappresentata dall’imposta che viene riscossa dall’impresa venditrice e che diventa contemporaneamente debitrice verso l’erario per l’importo riscosso.

 

Nell’ambito di questo processo, all’impresa acquirente viene riconosciuto un credito verso l’erario per l’intero ammontare dell’IVA pagata.

 

Nel complesso un soggetto passivo presenterà quindi due distinti flussi: uno a debito per l’IVA incassata da altri sulle proprie vendite e uno a credito per l’IVA pagata ad altri sugli acquisti. Dalla differenza tra i due flussi risulterà l’imposta dovuta quando l’IVA a debito eccede quella a credito, oppure il diritto ad un rimborso se la differenza presenta segno negativo.

 

Se la generalità dei casi vuole che i soggetti passivi si trovino normalmente in una situazione di debito nei confronti dell’erario, é necessario evidenziare che esistono attività e situazioni che portano un soggetto passivo a trovarsi in una condizione (a volte cronica) di IVA a credito.

 

Il fenomeno dell’IVA a credito riguarda tipicamente quelle imprese che svolgono attività caratterizzate da un’aliquota media sugli acquisti superiore a quella delle vendite (per es. settore farmaceutico, alimentare, editoriale), esportatori abituali o imprese che hanno effettuato ingenti investimenti.

 

Gli esportatori abituali, proprio per il tipo di attività che si trovano a svolgere, sono soggetti che tipicamente si trovano a chiudere l’esercizio con un credito IVA (a volte anche rilevante) nei confronti dell’erario.

 

Tale credito può generalmente, ed entro limiti prestabiliti, essere utilizzato in compensazione con altre imposte per alleggerire il carico fiscale sull’impresa, ma sempre più spesso si assiste a situazioni in cui l’eccedenza del credito IVA é tale da non poter essere riassorbita dalla normale gestione dell’attività.

 

In questi casi, il credito IVA diviene per l’impresa un elemento di rilevante criticità; infatti il credito non compensato nel corso di un esercizio, può essere destinato esclusivamente a divenire un credito utilizzabile nel corso dell’esercizio successivo, o può essere chiesto a rimborso in sede di dichiarazione IVA.

 

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In entrambi i casi, il credito IVA assume “di fatto” la veste di un credito immobilizzato:

 

-Nel primo caso appare poco probabile che un’attività, che per propria natura genera costantemente crediti IVA, possa assorbire i crediti non utilizzati nel corso dell’esercizio precedente; più probabile é che il nuovo esercizio generi ulteriori crediti IVA che vanno a cumularsi a quelli generati nelle precedenti gestioni;

 

-Nel secondo caso invece, le tempistiche legate alle procedure di controllo e rimborso del credito, non consentono un agile recupero delle somme richieste, che possono rimanere bloccate anche alcuni anni.  

 

In questi contesti, la cessione del credito IVA rappresenta sicuramente un’opportunità per tutte le imprese ed in particolare per la categoria degli esportatori abituali, che più di altri vengono a trovarsi in condizioni croniche di credito IVA.

 

In un momento storico in cui la maggioranza delle aziende fatica a conservare sufficiente liquidità sui propri conti correnti per finanziare l’attività ordinaria, diventa fondamentale ampliare la proprie prospettive e ragionare sulle opportunità di finanziamento offerte dal mercato.

 

La cessione dei crediti IVA (annuali e/o trimestrali) rappresenta un’interessante strumento che alcuni operatori bancari offrono al mercato; la possibilità di incassare il credito IVA in tempi rapidissimi rispetto i normali canali di rimborso, a fronte di una percentuale di sconto parametrata alla rischiosità del credito ceduto e al ritardo medio di pagamento dell’Agenzia delle Entrate di riferimento, costituisce per le aziende un importante opportunità per restare competitivi sul mercato.

 

Perché cedere i propri crediti IVA? La cessione pro soluto del credito IVA presenta i seguenti benefici:

 

- Monetizzazione immediata di un credito “di fatto” immobilizzato;

- Miglioramento dell’indice di liquidità;

- Riduzione dei castelletti e nessun incremento degli affidamenti verso le banche;

- Incremento della capacità di autofinanziamento a costi relativamente contenuti;

- Possibilità di stralciare dal bilancio il credito IVA ceduto;

- Il prezzo pagato per la cessione é una perdita su crediti, ed é interamente deducibile;

- Operazione non censita in centrale rischi;

- Certezza del costo dell’operazione;

- Certezza sulle tempistiche di monetizzazione;

- Possibilità di programmare esattamente un cash flow;

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Casciaro Gentili, Business Development Director, OFFICINE CST SPA, redazione@exportiamo.it

 

 

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