E’ evidente come l’internazionalizzazione rappresenti una delle principali leve da valorizzare per far esprimere appieno il proprio valore al “Made in Italy”, oltre ad essere la via obbligata per controbilanciare una domanda interna anemica, ma é pur vero che spesso - presi dai ritmi frenetici imposti dalla vita di oggi - non ci si ferma mai a riflettere, anche se bisogna dire che le attività informative (e a tratti autocelebrative) non mancano a Roma, come in giro per l’Italia, come bisogna ammettere che solo in rare occasione si riesce ad andare oltre la dimensione del “volemose bene” che spesso travisa la realtà dei fatti.
Tra gli appuntamenti di “Serie A” va sicuramente annoverato il Convegno di ieri a Roma presso l’Auditorium Via Veneto organizzato dalla Fondazione Manlio Masi – Osservatorio Nazionale per l’Internazionalizzazione e gli scambi, con il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’ICE-Agenzia.
La Fondazione Manlio Masi si propone come “Osservatorio nazionale per l’internazionalizzazione e gli scambi” nel nobile intento di promuovere e sviluppare analisi sui processi e sulle strategie di internazionalizzazione e scambi del sistema economico nazionale, condotte direttamente o congiuntamente con Università e centri di ricerca italiani e stranieri.
Come si legge nel sito della Fondazione in merito all’attività di ricerca e analisi si esplicita come:
“Oltre ai contenuti più tradizionali della competitività dell’economia italiana, della specializzazione internazionale, del grado di internazionalizzazione del sistema produttivo, degli investimenti esteri in entrata e in uscita, dell’evoluzione dei distretti industriali e del monitoraggio dei processi di delocalizzazione, la Fondazione intende prestare particolare attenzione al settore dei servizi (finanza, logistica, turismo, ecc.) sia per il sostegno che questo può dare alla competitività del sistema produttivo interno sia per potenziare le attività di internazionalizzazione delle imprese nazionali”.
Il tema é stato chiaro e gli interrogativi altrettanto “L’internazionalizzazione dell’Economia Italiana: Nuove Prospettive, Nuove Politiche?” e i lavori della giornata hanno visto la partecipazione di qualificatissimi relatori a partire dal Presidente della Fondazione, il Prof. Beniamino Quintieri che ha introdotto i lavori della giornata suddivisi in tre sessioni.
La prima sessione “Il Sistema Produttivo” é stata moderata e presieduta dal Prof. G. Barba Navaretti dell’Università degli Studi di Milano e l’attenzione nelle tre relazioni presentate si é concentrata rispettivamente sull’importanza della presenza di imprese molto efficienti per la competitività di un sistema economico sui mercati internazionali; sul ruolo delle imprese commerciali esportatrici quale importante componente della competitività dell’Italia sui mercati internazionali e infine sulle implicazione dell’interdipendenza tra manifattura e servizi alle imprese.
Durante la seconda sessione “I nuovi Mercati”, presieduta da Matteo Bugamelli della Banca d’Italia, il primo intervento si é focalizzato sull’analisi comparata delle barriere tariffarie che i diversi settori produttivi italiani fronteggiano nei diversi mercati, mentre successivamente lo sguardo é andato a Oriente per evidenziare come in futuro la domanda cinese sarà un elemento chiave di attivazione del PIL per i maggiori paesi dell’area dell’Euro e l’ultimo intervento ha invece posto l’attenzione sui fenomeni migratori che sul piano economico per il nostro paese rappresentano una sfida ma anche un’opportunità.
I lavori sono poi continuati con la tavola rotonda “Le imprese e i mercati” moderata dal Giornalista di Repubblica Eugenio Occorsio che ha visto intervenire il DG dell’ICE-Agenzia, Roberto Luongo, il Presidente della SIMEST, Ferdinando Nelli Feroci, l’economista Fabrizio Onida e Daniel Kraus di Confindustria.
Il lavoro é sempre molto da fare, ma sono stati tutti concordi nel riconoscere i progressi fatti negli ultimi anni così come a dire chiaramente che gli IDE sono benvenuti, ma lasciano un segno positivo solo se valorizzano i prodotti italiani e ne ampliano i mercati di sbocco.
Nel pomeriggio la terza sessione “Le Istituzioni”, presieduta dall’Amb. Andrea Meloni, é stata un’occasione per approfondire in particolare le tematiche legate al credito bancario, agli IDE e all’efficienza della giustizia e alla qualità delle istituzioni quali determinanti i flussi commerciali tra i vari paesi e la mappa dei vantaggi comparati.
I lavori poi sono continuati con una seconda tavola rotonda “Il Sistema Paese per l’internazionalizzazione”, moderata da Alberto Orioli, il Sole 24 ore animata – tra gli altri - dagli interventi del DG ABI, Giovanni Sabatini e del DG Banca d’Italia, Salvatore Rossi, che ha focalizzato l’attenzione principalmente sulla dimensione finanziaria e sulla capacità di finanziamento alle nostre imprese da parte del sistema bancario e sullo “stato dell’arte” del progetto di Export Bank.
I lavori sono stati conclusi dal Vice Ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda che partendo dalla definizione del contesto in cui ci si muove oggi nei mercati globali, ha messo in risalto le criticità derivanti dalla mancanza di una governance condivisa ed efficiente all’interno del sistema internazionale degli scambi, mentre procedono i negoziati sui “Mega Regional Agreements” sull’Atlantico (TTIP) e sul Pacifico (TPP), fortemente sostenuti dagli Stati Uniti.
Il Vice Ministro ha poi illustrato le misure intraprese e soprattutto ha posto l’attenzione su come il cambio di metodo e visione, incentrata sul pragmatismo e le riforme degli ultimi anni, unite a uno stanziamento promozionale adeguato, abbiamo ridato linfa al sostegno pubblico all’internazionalizzazione, pur rimanendo molto il lavoro da fare in un’ottica di differenziazione delle strategie e degli interventi che vanno parametrati sulle esigenze delle diverse imprese.
Strategie che andranno fortificate sul campo per cercare di cogliere le opportunità straordinarie che il mercato globale offre al “Made in Italy”, senza però dimenticare che al giorno d’oggi stiamo vivendo una rivoluzione produttiva che si basa su “processi di innovazione distruttivi” e non più “incrementali” come in passato che favorivano il saper fare e la creatività degli imprenditori, oggi invece l’innovazione passa dai centri ricerca scientifica e tecnologia e tutto ciò comporta dei “rischi mortali” per interi comparti della nostra industria.
Una cosa é chiara, ben vengano occasioni come il Convegno di ieri per riflettere con attenzione sulla direzione intrapresa dal mondo, ma non c’é più tempo da perdere, non possiamo più permettercelo e dunque servono azioni e riforme pratiche e concrete in grado di supportare le nostre imprese, mettendo a sistema in maniera virtuosa conoscenze, risorse e competenze.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it