L’organizzazione a Roma lo scorso 19 maggio del Convegno “Le imprese italiane nei Paesi ASEAN” é stata un’utilissima occasione di riflessione e approfondimento su una delle aree più dinamiche del mondo e sul ruolo e il peso delle nostre imprese con la presentazione dell’omonima ricerca curata da Osservatorio Asia.

I dati evidenziano come nei 10 paesi ASEAN siano state censite 421 presenze aziendali italiane: 118 sono a Singapore, paese con maggiore attrattività, seguito da Vietnam (76), Indonesia (73), Malesia (72), Tailandia (57); mentre sono quasi assenti gli investimenti in Myanmar (3), Laos (3), Cambogia (1) e inesistenti in Brunei.

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Tra le aziende italiane, sono quelle lombarde ad investire di più nell’area (135 aziende) anche se é positivo anche il piazzamento dell’Emilia Romagna (69), mentre il terzo posto del Lazio (56) é “gonfiato” probabilmente dalla presenza di aziende istituzionali che hanno sede a Roma e colpisce negativamente il Piemonte (18 presenze). Negativa la presenza del Mezzogiorno con 8 aziende in tutto, 7 campane e una pugliese, appartenenti prevalentemente al settore alimentare.

Secondo l’Osservatorio, delle 421 aziende italiane in Asean, 120 sono attive nella produzione, mentre 301 nei servizi, mentre nella composizione merceologica prevalgono 3 settori: meccanica e beni strumentali (23% del totale), chimica, petrolchimica, farmaceutica ed energia (19%), elettrotecnica, elettronica e ICT (11%).

Viene fatto notare invece in merito all’interscambio commerciale, come nel 2014 le esportazioni italiane nell’area abbiano raggiunto i 7,1 miliardi di euro a fronte di importazioni per 6,9 miliardi, per un interscambio complessivo di 14 miliardi, che identificano l’ASEAN come destinazione dell’1,7% dell’export italiano, una quota inferiore alla Cina (2,5%) ma superiore alle altre potenze economiche dell’area (Giappone 1,5%, Corea del Sud 1%, India 0,8%).

Sul lato import invece il 2% delle importazioni italiane proviene dai paesi membri e l’import ha seguito una dinamica più oscillante rispetto all’export, sulla base dell’andamento della domanda interna italiana, avendo raggiunto i valori massimi nel 2011 e nel 2014, con 6,9 miliardi di euro.

E’ evidente come i valori che emergono dalla ricerca, confermano la debole capacità esportativa italiana nell’area, ma sono comunque interessanti e promettenti e bisogna tenerne conto, come ha ricordato il Vice Ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda nelle sue conclusioni, perché:

“L’ASEAN oggi é il fulcro dell’area geopolitica da cui da un lato proverranno pericoli ma dall’altro anche enorme potenziale di crescita. In ASEAN, da una parte terreno di confronto tra Cina e Stati Uniti e dall’altra bacino di crescita importante, si gioca la grande partita per il sistema di relazioni internazionali. Per questo dobbiamo appoggiare un processo che ha valenza planetaria”.

L’Italia ha quindi un solo compito:

“Investire di più e vendere di più in quelle zone. Chiuso l’accordo con Singapore, stiamo ora lavorando per un accordo con il Vietnam su tessile, con Malesia e Giappone. È tuttavia, quella delle presenze italiane in Asean, una situazione inaccettabile: siamo ancora poco forti in questa area soprattutto per motivi di distanza geografica. Per questo abbiamo intenzione di mettere in campo una strategia di promozione. Inoltre dal prossimo anno lavoreremo per: costruire una matrice che indichi nel dettaglio settori su cui lavorare a seconda dei mercati; non costruire una propria gdo ma prendere catene gdo già esistenti e incentivare prodotti italiani; rafforzare istituti Ice; attrarre investimenti; istituire un desk stabile per infrastrutture all’interno dell’Asean per progetti transpaesi.”

Nata nel 1967 tra lo scetticismo della Comunità Internazionale dopo precedenti falliti tentativi di integrazione regionale nel Sudest asiatico, per l’Association of Southeast Asian Nations (ASEAN) nell’anno in corso, il 2015, dovrebbe prender forma l’ASEAN Community fondata su tre pilastri fondamentali: l’ASEAN Political Security Community (APSC), l’ASEAN Economic Community (AEC) e l’ASEAN Socio-Cultural Community (ASCC).

E’ stato lo stesso Segretario Generale dell’ASEAN, Le Luong Minh nel suo intervento “Le prospettive dell’area ASEAN 2015: ricchezze, diversità e opportunità” a mettere in chiaro le sfide in atto per l’organizzazione che guida e a illustrare il continuo e operoso processo di integrazione tra i paesi dell’area, in grado nel tempo di far fare un salto di qualità al loro legame.

Stiamo parlando di un’organizzazione che riunisce 10 Paesi del Sudest asiatico, popolata da oltre 600 milioni di persone che nel suo insieme rappresenta la settima economia del mondo e avrà un ruolo sempre più preponderante nell’area Asia-Pacifico certo le sfide e le criticità non mancano, come ovunque, ma é bene monitorare da vicino cosa sta accadendo.

Il processo di integrazione tra i paesi del sud est asiatico, potrebbe portare ad esiti simili a quelli ottenuti in Europa con il progetto dell’Unione Europea e la nascita di una moneta unica e di un mercato unico.

Quindi entro la fine dell’anno i membri fondatori del 1967 (Filippine, Indonesia, Malesia, Singapore e Thailandia) e gli altri convenuti nel tempo (Brunei, Cambogia, Laos, Myanmar e Vietnam), dovrebbero riuscire a fare un passo in avanti verso una maggiore integrazione commerciale ed economica, un ulteriore volano di crescita e sviluppo per l’area che oltre ad accrescerne attrattività e competitività, amplia aspettative e prospettive anche per il futuro delle nostre imprese.

Per l’Italia é fondamentale riuscire a instaurare un partenariato strategico di vasta portata non solo con i grandi player asiatici (India, Cina, Giappone, ecc.) ma anche con i popolosi paesi emergenti dell’ASEAN (Malesia, Indonesia, Filippine, Vietnam, Myanmar)  e dovremo quindi abituarci a cercare e creare le nostre opportunità a Kuala Lumpur come a Manila, a Ho Chi Minh City, a Bangkok oppure a Phnom Phem, perché come evidenziato da Romeo Orlandi, Vice Presidente di Osservatorio Asia che ha presentato ai presenti i dati emersi dalla ricerca “se fosse un blocco unico oggi l’ASEAN sarebbe la settima potenza mondiale, ed é destinata ad occupare il quarto posto nel 2030″

L’ex Premier Enrico Letta invece intervenuto in qualità di Segretario Generale dell’Associazione Studi e Ricerche Legislative (AREL) ha sottolineato come europei ed italiani devono avere “interesse e determinazione per aiutare dall’esterno il percorso di integrazione e l’ASEAN rappresenta per l’Italia un’area importante e interessante per le nostre imprese. In un mondo globalizzato dobbiamo cercare di interloquire con regioni che hanno un punto di uguaglianza. Come l’UE anche l’Asean é un’unione di minoranze, di paesi che come noi vogliono cooperare in una logica di prosperità”.

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I paesi membri nel tempo hanno quindi lavorato all’eliminazione delle barriere doganali, alla facilitazione degli scambi, al rafforzamento del dialogo e ad altre misure funzionali a rendere la regione un polo di attrazione come dimostrano i dati relativi al volume degli investimenti esteri che lo scorso anno  ha raggiunto la cifra record di 136 miliardi di dollari (+15% rispetto al 2013), mentre ha sottolineato Orlandi nel suo intervento che considerando i soli 5 paesi fondatori nel 2013 questi sono stati capaci di attrarre più IDE della Cina.

 

I lavori sono stati completati dalla Tavola rotonda moderata da Monica Maggioni, Direttore Rai News e animata dagli interventi di rappresentanti di aziende e realtà che operano nell’area.

Tra gli intervenuti Roberto Colaninno, Presidente e AD della Piaggio & C. SpA ha parlato dell’importanza per il gruppo dell’investimento da 190 milioni di euro in Vietnam del 2007/08 e di come in questi anni di crisi, i ricavi in Asia abbiano praticamente reso sostenibile la stessa attività della casa madre.

Anche Francesco Merloni, Presidente della AristonThermo SpA, ha focalizzato il suo intervento sull’importanza della presenza del gruppo - a partire dagli anni novanta - in Vietnam; mentre Maurizio Tamagnini, AD del Fondo Strategico Italiano ha parlato dell’esperienza nell’area ASEAN della STM Microelectronics, presente in maniera lungimirante già a partire dal 1969.

Insomma, l’Italia ha asset per far bene un po’ come ovunque nel mondo e se si mettono da parte paure e difficoltà prevalentemente legate alla distanza geografica, possiamo contare su una classe imprenditoriale straordinaria, su un brand forte e sulla qualità dei nostri prodotti che sono ingredienti di sicuro successo, ciò che serve é invece una visione strategica univoca e il governo come ha confermato Calenda pare essere “sul pezzo”, vedremo.

 

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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