Il Rapporto ICE-Prometeia sull’Evoluzione del Commercio Estero per Aree e Settori continua a rappresentare un punto di riferimento obbligato per chi vive, studia e analizza i mercati internazionali. Si tratta di uno strumento che vuole fornire agli operatori italiani una puntuale analisi sull’evoluzione della domanda internazionale e sui possibili scenari futuri al fine di orientare al meglio – soprattutto in anni di crisi come quelli che abbiamo vissuto in questi anni – la propria strategia di internazionalizzazione.

 

Giunto alla sua XIII^ edizione il rapporto é il risultato della consolidata e virtuosa collaborazione tra l’Agenzia ICE e Prometeia.

 

L’Agenzia guidata da Riccardo Monti é al centro del “Piano Internazionale per il Rilancio dell’Italia”, fortemente voluto dal Vice Ministro Calenda che dopo anni di risorse risicate e la follia della soppressione per usare eufemismi, può contare finalmente su risorse all’altezza del nostro rango. Prometeia é un marchio sinonimo di innovazione e competenza, riconosciuto a livello nazionale e internazionale che lo scorso anno ha raggiunto il traguardo dei 40 anni di virtuosa attività di analisi e ricerca macroeconomica per rispondere al meglio alle esigenze di istituzioni finanziarie, imprese ed enti.

 

Con l’estate romana dietro l’angolo, la presentazione del rapporto - ieri presso la Sala Pirelli dell’ICE all’Eur - ha rappresentato ancora una volta per gli addetti ai lavori un appuntamento da non perdere.

 

Durante la mattinata si sono susseguiti i qualificati interventi dei relatori intervenuti, i vertici ICE a fare gli onori di casa, Alessandra Lanza, Partner Prometeia e Gianpaolo Bruno, Direttore Pianificazione Strategica, Studi e Rete Estera ICE per illustrare con le loro interessanti presentazioni cosa emerge dal rapporto e Pietro Salini, AD Impregilo e Iginio Straffi della Rainbow a commentare le tendenze emergenti dalla prospettiva di chi si confronta quotidianamente sui mercati internazionali da leader e da outsider.

 

La realtà globale e i profondi mutamenti del contesto economico internazionale hanno posto il nostro sistema produttivo di fronte a crescenti sfide connesse però a grandi opportunità da cogliere ampliando mercati di riferimento e diversificando la produzione merceologica, sia in termini qualitativi che settoriali.

 

Provare a comprendere e anticipare l’evoluzione degli scenari nel futuro prossimo é quindi un compito complesso ma necessario per chi fa impresa e per chi supporta a diverso titolo le imprese italiane nella sfida della competizione globale.

 

E’ evidente come la realtà attuale offra poche certezze e sempre di più viviamo un’epoca “istantanea” in grado di stravolgersi in men che non si dica e quindi il Rapporto punta – attraverso l’ausilio di un modello econometrico appositamente elaborato – a cogliere la dinamica del commercio con l’estero distinguendo per aree e settori merceologici.


Partendo da questa base metodologica, i dati raccolti nel rapporto ci danno un quadro d’insieme caratterizzato da una ripartenza degli scambi e una prospettiva di rilancio per il commercio internazionale che nell’anno in corso dovrebbe tornare a crescere del 5,6%, mentre nel biennio 2016-2017 la crescita prevista va oltre il 6%.

 

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Viene sottolineato dagli autori come per ritrovare una dinamica così positiva e tre anni di crescita consecutiva oltre il 5%, bisogna tornare al periodo 2005-2007 e dunque prima della crisi che dal 2007 ha ridimensionato - tra le altre cose - il nostro sistema produttivo.

 

L’eccezionalità del momento é rappresentata anche dal fatto che nello stesso periodo anche il PIL mondiale crescerà ma a ritmi dimezzati rispetto al commercio e ciò si spiega con il ruolo di traino dei paesi maturi negli anni a venire, producendo innovazione e beni di qualità ad alto valore aggiunto.

 

Emerge infatti - e già nel 2014 ci sono state conferme da questo punto di vista - il traino particolarmente rilevante del Nord America con gli Stati Uniti  - crescita del 7.7% dell’import attesa per l’anno in corso e una domanda di beni dall’estero sopra al dato medio del commercio estero nel periodo 2015-2016 - a rappresentare il fulcro di questa rinascita del commercio internazionale.

 

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Anche i mercati dell’Europa occidentale consolideranno la ripresa già in atto con una crescita del 4.8% medio annuo nel prossimo triennio mentre dopo un decennio di crescita sfrenata, arrivano segnali contrastanti dal mondo emergente, dovendo scontare nel 2014 il rallentamento della Cina, mentre a partire dall’anno in corso e per il prossimo triennio, vedrà penalizzati soprattutto i grandi esportatori di materie prime.

 

 L’America Latina in particolare e l’Europa emergente, con la pesante influenza della chiusura del mercato russo, subiscono un abbassamento del potenziale di crescita importante.

 

Nei prossimi anni il testimone della crescita globale tornerà in mano ai paesi maturi e come in ogni “staffetta” bisognerà affrontare rischi e incognite connesse a questo passaggio.

 

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Le affinità culturali e le alleanze strategiche - viene considerato rilevante da questo punto di vista per l’Italia l’asse Europa-Stati Uniti – avranno un peso sulla direzione degli scambi e come ha sottolineato da Alessandra Lanza durante la sua presentazione, ci si troverà a competere in un mondo da un certo punto di vista più stabile ma al contempo più complesso sul piano della concorrenza con gli Stati Uniti a rappresentare “la palestra più competitiva al mondo”: se si supera l’allenamento oltreoceano, potenzialmente nessun mercato é precluso.

 

Naturalmente allenamento significa impegno, studio e sacrificio e le nostre imprese dovranno essere capaci di aggiornare i loro orizzonti, con strumenti e strategie adatte al nuovo scenario e il dato eccezionale della congiuntura attuale con l’euro debole e prezzi bassi delle materie prime - un dato da non concepire (per non farsi male) come strutturale – certamente é utile per provare a costruire un posizionamento di lungo periodo.

 

Oggigiorno anche il consumatore come il mercato é “globale”, sempre più informato con un ruolo fondamentale dei Social Network, ma soprattutto sempre più orientato nelle sue scelte dalla ricerca nei prodotti - soprattutto nei mercati maturi – della corrispondenza con i propri valori sempre più improntati a sobrietà, naturalezza e benessere.

 

Sintetizzando “meno brand e più valori”, anche se il valore del marchio, dei global brand ha ancora un suo peso nei paesi emergenti avendo anche creato un mercato globale meno segmentato.

 

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Oltre a questo dato “emotivo” c’é da considerare come il nuovo vecchio ruolo dei paesi maturi, porta con sé un innalzamento del livello d’innovazione richiesto per essere competitivi, e ciò premierà soluzioni flessibili e personalizzate mentre é già in atto una nuova rivoluzione industriale con l’avvento delle stampanti 3d e dell’internet delle cose, le cui conseguenze non sono del tutto prevedibili su produzione e occupazione.

 

Il passaggio di testimone dai paesi emergenti ai maturi viene comunque riconosciuto come uno dei punti più qualificanti del nuovo scenario perché ancora oggi “le economie avanzate esprimono infatti ancora poco meno dei 2/3 dello stock di investimenti diretti esteri nel mondo ed é chiaro che solo da un recupero della fiducia di questi investitori può ripartire l’impulso per far tornare a pieno regime quelle catene produttive globali che spiegano una parte considerevole degli scambi mondiali.”

 

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Sul piano internazionale invece le differenze rispetto all’ultimo periodo di crescita fanno emergere una situazione in cui l’evoluzione degli scambi sarà fortemente condizionata anche dal driver politico, abbandonando definitivamente quello spirito multilaterale mai definitivamente decollato malgrado le illusioni e che oggi sembra sempre meno rilevante.

 

Andando a noi, l’Italia del “Made in Italy” (le prospettive di domanda internazionale nel triennio 2015-17 +5.8%) può naturalmente beneficiare di entrambi i cambiamenti in atto come dimostra anche la ripresa della quota di mercato sulle importazioni mondiali già sperimentata nell’ultimo biennio, ma certamente sconta i limiti strutturali del nostro sistema produttivo andranno affrontati.

 

Come ha fatto notare nel suo intervento Gianpaolo Bruno infatti, dando uno sguardo di insieme a livello continentale, per sostenere la quasi totalità dell’export nella maggior parte dei paesi europei é generalmente sufficiente puntare su circa mille imprese, in Italia lo stesso numero genera appena la metà dei flussi complessivi e inoltre pur avendo il maggior numero di imprese esportatrici in Europa, con oltre 200 mila esportatori attivi, oltre il 60% vende all’estero per meno di 75 mila euro, il 74% non supera i 250 mila euro: valori che non giustificano l’organizzazione di una strategia di internazionalizzazione matura e articolata, sempre più necessaria invece per vincere sui mercati internazionali.

 

Bruno ha ricordato anche come aumentare la propensione all’export, fa crescere il paese non solo per la maggior dinamicità della domanda di riferimento, ma perché espone le realtà aziendali a nuovi stimoli migliorandone la competitività.

 

Partendo da questa considerazione si individuano almeno 13 mila imprese manifatturiere italiane con fatturato oltre 1,5 milioni di euro, candidate a essere tra i grandi esportatori di domani che presentano i tratti potenziali per far crescere la loro dimensione internazionale con un potenziale di fatturato extra di 2 miliardi per l’industria italiana e una crescita dell’export di 1 miliardo.

 

Serve quindi un salto culturale, quello dell’attrazione di investimenti dall’estero, dell’insediamento diretto, dell’inserimento in catene del valore globali, dell’utilizzo della rete, dello sviluppo di una cultura finanziaria nelle imprese, tutte azioni che se affiancate alla tradizionale competitività di prodotto che ci contraddistingue, possono contribuire all’upgrading industriale del paese cogliendo appieno le opportunità che questo scenario in evoluzione offre.

 

Abbiamo le nostre carte e dobbiamo giocarle con coscienza e senza paura, non é reato ambire ad un ritorno ai livelli pre-crisi al contrario, é giusto che sia così, bisogna essere in grado di “gettare il cuore oltre l’ostacolo” e seguire le evoluzioni giorno per giorno come hanno esortato i relatori. 

 

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Da ieri inoltre il piazzale della sede dell’Agenzia é arricchito dall’opera “Assolo Italiano”, istallazione dedicata alle eccellenze del “Made in Italy”, ideata dall’Architetto Massimo Iosa Ghini, inaugurata prima del convegno: un simbolo del modo italiano di produrre ed un’esortazione a fare le cose insieme, con i singoli elementi a creare un’immagine complessiva di unità nel nostro tricolore che rappresenta tutti a partire dalla propria singola esperienza in grado di creare valore per l’intera comunità.

 

A livello simbolico vuole essere un piccolo contributo per una nuova unità che si nutre del contributo di tutti per potersi affermare in una realtà sempre più competitiva, imprevedibile e selettiva.

 

Il mondo nel frattempo ha ricominciato a girare, sta a noi stare al passo.

 

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it 

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