Il sindaco della capitale iraniana, Mohammad Baqer Ghalibaf, ha recentemente ordinato di affiggere circa 1500 manifesti che riproducono opere d’artisti mediorientali e non, e così per le strade di Teheran gli spazi prima occupati da pubblicità, citazioni religiose e slogan anti-americani si sono trasformati in un museo a cielo aperto con un totale di 200 opere di artisti occidentali e asiatici - ad esempio “I Girasoli” di Vincent Van Gogh, “L’urlo” di Edvard Munch e “The Blue Window” di Henri Matisse - riprodotte accanto a quelle di 500 artisti iraniani.

“A Gallery As Big As a Town”, questo il nome dato alla campagna che denota una certa sensibilità anche se c’é chi suggerisce come non sia altro che un’abile mossa politica in vista delle prossime elezioni anche nel segno della distensione dei rapporti diplomatici con gli Usa dopo il raggiungimento dell’accordo sul nucleare.

E’ necessario effettivamente interrogarsi su quanto sia importante l’arte nella vita e nell’economia umana?

Divagando nella riflessione filosofica, per Arthur Schopenhauer, ad esempio, la vita é un pendolo che oscilla tra il desiderio e la noia, noi desideriamo delle cose e ottenendole siamo felici, però il soddisfacimento del desiderio é momentaneo perché poi, dopo poco ci stanchiamo e si trasforma ancora in noia, quindi si arriva alla condizione di sofferenza.

Per il filosofo tedesco quindi l’arte rappresenta per l’uomo, una delle tre vie di liberazione dalla volontà cieca e irrazionale

“L’arte é arte” e comunque non si discute, ma ha anche un prezzo, si compra e sempre di più rappresenta uno degli investimenti alternativi privilegiati e un numero sempre maggiore di clienti chiede alla propria banca di essere assistito nell’acquisto o nella vendita di questa tipologia di beni.

Naturalmente oltre al beneficio economico c’é anche la possibilità di usufruire esteticamente e beneficiarne a livello esistenziale, tornando a Schopenhauer.

L’andamento del mercato dell’arte é legato principalmente alla crescita della fascia più ricca della popolazione mondiale e - superata la crisi di liquidità del 2008 - ha attirato una massiccia dose di liquidità.

In Italia Banca Carige, uno degli istituti che ha puntato con più decisione sull’arte come investimento alternativo, fotografa la situazione in un report dettagliato sull’andamento del mercato dell’arte e dei beni di lusso nel mondo.

Nel difficile 2014, si sono registrati molti record d’aste, e un notevole aumento di affluenza alle fiere d’arte internazionali e nazionali e come spiega Pietro Ripa, Responsabile Private Banking si tratta di:

“Numeri importanti che non passano inosservati per clienti che cercano anche beni di investimento alternativi. Il nostro compito é di riuscire ad intercettare i gusti di questa clientela, e di essere un punto di riferimento per le loro scelte di investimento”.

Complessivamente, nel 2014, il mercato delle aste ha mostrato un fatturato in aumento con la pittura a farla da padrona, generando circa il 75% del fatturato totale d’asta con un ruolo trainante da parte di Pop Art e Espressionismo astratto e una buona performance anche per l’arte italiana.

A livello mondiale i grandi protagonisti sono stati Warhol e Rothko (4 lotti “battuti” tra i Top Ten), ma il record spetta allo scultore svizzero Giacometti, il cui bronzo dipinto “Chariot” ha superato i 100 milioni di dollari.

La “Grande Mela” si conferma la piazza più importante al mondo per la pittura con un fatturato di circa 5 miliardi di dollari e un’aggiudicazione media di 61 milioni, con un tasso di invenduto pari al 21% in linea con l’andamento del mercato internazionale.

La medaglia d’argento tra le piazze internazionali va invece a Londra con un fatturato pari a 3 miliardi di dollari, un’aggiudicazione media di 28 milioni e un tasso di invenduto al 24%.

Proprio nelle ultime aste londinesi del 2014, l’arte italiana ha registrato notevoli successi, portando il fatturato a 109 milioni di dollari, quasi il doppio rispetto ai 67 milioni del 2013, a dimostrazione del forte interesse per i nostri artisti del secondo Novecento.

Perde terreno la capitale italiana dell’arte Milano dove “Sotheby’s” e “Christie’s” hanno ormai un solo appuntamento annuale anche perché l’arte italiana come abbiamo visto, brilla di luce propria anche in trasferta e in realtà come ha fatto notare lo scorso anno Nomisma, dal 2008 al 2013, il fenomeno più evidente in Italia é stato il progresso della quota di mercato delle gallerie che passa dal 58,84% al 72,96% e il contestuale decremento della quota delle case d’asta, dal 36,36% al 22,05%, a dimostrazione di come sia in evoluzione lo stesso processo di intermediazione nel mercato dell’arte.

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Qualche mese fa invece Nouriel Roubini a poca distanza della sua partecipazione al World Economic Forum di Davos, condivideva con i suoi lettori alcune considerazioni sul mercato dell’arte.

Per Roubini l’arte é un nuovo e distinto “Asset Class”, il cui mercato presenta gravi distorsioni ed é poco trasparente.

Si tratta di un mercato che sempre più privati scelgono perché offre rendimenti vantaggiosi e ottiene un po’ ovunque dei trattamenti fiscali favorevoli, ma soprattutto si fa notare come, il mercato dell’arte non può essere definito e definibile, sia nel reale volume di affari che nel numero degli operatori.

Non é un caso quindi che sono oltre 70 i fondi d’investimento che investono in arte così come, sempre più banche ed istituzioni finanziarie offrano ai propri clienti una vasta gamma di servizi per l’arte, con la previsione di team dedicati pronti a fornire servizi che vanno dall’assicurazione allo stoccaggo e trasporto di opera d’arte, alla conservazione dell’arte e – a parere di Roubini, il più importante - il prestito d’arte.

Tutto ciò comporta dei rischi naturalmente perché come fa notare sempre Roubini, non esiste un modello di valutazione fondamentale per l’arte e - a parte il piacere psichico che produce - non vi é un flusso di reddito chiaro generato dall’arte:

“L’arte, in un certo senso, é più vicina all’oro.

L’arte é meno liquida e meno omogenea rispetto all’oro. Il rame é rame. L’oro é oro. Una quota di Apple o GM é sempre uguale.

Invece non solo un pezzo d’arte non é lo stesso di un altro, ma ci sono anche diversi standard di misurazione per lo stesso artista, i disegni rispetto ai dipinti ad esempio o in ragione del momento della carriera dell’artista in cui l’opera é stata creata”.

La conseguenza pratica della mancanza di un modello di valutazione rende l’arte sostanzialmente dipendente dalle mode, dalle manie e, mette in guardia “Mr. Doom”, potenzialmente dalle bolle e ci si inizia a interrogare se oggi il mercato dell’arte sia in una bolla e se sta per scoppiare?

C’é chi crede che le forze crescenti della globalizzazione, creando un’intera classe di nuovi ricchi, continuerà ad alimentare il mercato dell’arte, sia per il valore estetico che per finalità di investimento.

Roubini, vede una regolamentazione del mercato in arrivo all’orizzonte o comunque la auspica e al di là di ogni legge economica e di ogni dinamica globale in atto, sa anche lui che: “Nell’arte, come in tutto il resto, tutti vogliono le nuova cose scintillanti”.

La domanda é citando Giovanni Lindo Ferretti “Le insegne luminose attirano gli allocchi”?

Come sempre ai posteri l’ardua sentenza. 

Nel frattempo ieri da Christie’s l’opera di Picasso “Les femmes d’Alger (Version ‘O’)” é stato aggiudicato a 160 milioni di dollari, sommando i diritti d’asta, si arriva a quasi 180 milioni di dollari, una cifra enorme e un’ottimo affare per chi ha venduto.

A quanto pare infatti diciotto anni fa, il 10 novembre del 1997, lo stesso dipinto fu battuto sempre da Christie’s, per 28 milioni di dollari, diritti esclusi.

Non proprio un allocco in questo caso…

 

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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