E’ possibile modernizzare un paese senza un moderno sistema di connessione ad internet?
Rispondere “no” a questa domanda é scontato, di conseguenza noi italiani abbiamo più di un motivo per preoccuparci.
In effetti il ranking mondiale stilato da Ookla, realtà di Seattle specializzatanel testare la velocità dei collegamenti internet e delle reti di comunicazione, vede l’Italia arrancare posizionandosi al 97° posto su 196 per la velocità del download e addirittura al 163° per l’upload.
Il nostro paese, oltre ad essere il fanalino di coda fra i 28 paesi dell’area euro, ha una velocità di connessione media inferiore a molti paesi sottosviluppati e/o in via sviluppo fra i quali, ad esempio, Bangladesh, Kirghizistan e Tagikistan.
Per farsi un’idea complessiva qui si segnala il ranking completo in merito a download e upload.
Dalla comparazione dei dati emerge chiaramente quanto sia profondo il divario che separa il nostro paese dal resto del mondo ed in particolare dalle economie maggiormente sviluppate.
La velocità media di connessione a livello mondiale é rispettivamente di 22,3 Mbps per il download e di 10,0 Mbps per l’upload mentre a livello europeo é di 28,0 Mbps e 9,34 Mbps.
L’Italia si ferma invece ad una velocità media di 9,36 Mbps per il download e 1,94 Mbps per l’upload abbassando di conseguenza anche la velocità media dei paesi che fanno parte del G8 (29,1 download/11,8 upload).
Qualcosa si muove almeno negli annunci e per porre rimedio a questa situazione, il Consiglio dei Ministri, ha recentemente varato il piano per lo sviluppo della banda larga in Italia con un obiettivo preciso: entro il 2020 - come richiesto dalle istituzioni comunitarie – l’Italia dovrà essere in grado di fornire una connessione ad una velocità di 30 Mbps per l’intera popolazione e fino a 100 Mbps per almeno il 50% dei cittadini italiani così.
Il piano governativo prevede un investimento totale di 12,4 miliardi euro fino al 2020.
Il finanziamento pubblico coprirà circa il 50% del fabbisogno totale (6 miliardi di euro) mentre la restante parte é affidata agli investimenti degli operatori privati: 2 miliardi di euro sono già parte dei piani d’investimento dei principali operatori del settore anche se l’esecutivo confida di riuscire a stimolare investimenti privati per oltre 6 miliardi entro il 2020 ma l’obiettivo non appare di facile realizzazione.
Nei giorni che hanno preceduto la presentazione del piano di sviluppo per la banda larga erano circolate voci insistenti sulla presenza di norme assai stringenti per il passaggio dal rame alla fibra ottica. In particolare si era parlato di due proposte specifiche:
- l’istituzione del servizio universale per collegamenti a 30 megabit/secondo ovvero l’obbligo di portare la banda ad almeno 30 Mbps a qualsiasi cliente ne faccia richiesta.
- l’obbligo di fornire entro il 2030 servizi internet solo su reti a banda ultralarga (100 Mbps), con graduale spegnimento della rete in rame che per metà andrebbe già disattivata già dal 2020.
In realtà nel piano che é stato presentato non compare nessuna delle due norme.
Il governo sembra dunque aver scelto una via più “morbida” al cambiamento e gli operatori privati (in particolare Telecom Italia e Fastweb) hanno potuto tirare un sospiro di sollievo:
le due misure, se attuate, avrebbero avuto risvolti finanziari e industriali significativi ed avrebbero spinto gli operatori privati ad accelerare la loro tabella di marcia in direzione di una tecnologia più avanzata.
Il piano presentato risulta dunque se non “debole” quantomeno aleatorio perché, senza l’imposizione di obblighi e scadenze temporali, si corre il rischio che la rivoluzione tecnologica di cui il paese avrebbe bisogno proceda a rilento o, nel peggiore dei casi, non si realizzi affatto.
Il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, ha dichiarato che gli “aspetti tecnici” del piano verranno lasciati alle imprese:
“Gli operatori decideranno con un meccanismo virtuoso come fare il loro piano di infrastrutturazione”.
Virtuoso o non virtuoso, saranno le compagnie a decidere.
In questo modo il governo fornirà semplicemente incentivi alla diffusione della banda larga lasciando alla discrezionalità dei privati il compito di portare avanti la cablatura decidendo tempi e modi.
Vista la situazione attuale ed il grave ritardo accumulato probabilmente ci sarebbe la necessità di mettere in campo un’azione più incisiva: l’efficienza delle connessioni e un’Italia realmente 2.0 porterebbero benefici rilevanti oltre a rappresentare un volano per una ripresa più rapida della nostra economia.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it