Svizzera, Liechtenstein, Principato di Monaco e Città del Vaticano: l’effetto-domino della fine del segreto bancario

Svizzera, Liechtenstein, Principato di Monaco e Città del Vaticano: l’effetto-domino della fine del segreto bancario

12 Marzo 2015 Categoria: Fiscalità Internazionale Paese:  Svizzera Italia

La corsa alla firma degli accordi sullo scambio di informazioni bancarie sembra aver subito un’improvvisa accelerazione: nel giro di poco più di due settimane, infatti, il Governo é riuscito ad inanellare ben tre successi consecutivi (Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco) e a strappare una promessa di accordo al Vaticano.

 

Se ci mettessimo a contare le volte in cui abbiamo sentito questi nomi associati al fenomeno dell’evasione fiscale, potremmo avere una pallida idea dell’importanza dei risultati finalmente raggiunti per il nostro Paese; più difficile, almeno in un primo momento, é invece capire cosa abbia spinto questi Stati a firmare degli accordi che potrebbero provocare un massiccio deflusso di capitali.

 

Innanzitutto, il fatto che nessuno abbia costretto tali paesi alla firma non significa che già da qualche tempo non ci fossero delle pesanti condizionalità che premevano in quella direzione.

 

Nei confronti della Svizzera, ad esempio, l’Italia aveva già posto in essere delle misure per frenare l’accesso delle banche svizzere al proprio mercato, oltre che iscrivere il paese nelle due blacklist dell’Agenzia delle Entrate con pesantissimi aggravi burocratici.

 

Anche se ciò sembrerebbe comunque insufficiente a controbilanciare la fuga dei correntisti italiani, bisogna invece tenere presente che il perdurare di tali controversie provoca l’aumento dei costi di un accordo con il passare del tempo. Rimanendo in Svizzera, non é un mistero che le banche elvetiche stiano versando “lacrime e sangue” per rispettare quanto stabilito dall’accordo con gli Stati Uniti dell’agosto 2013, che ha posto fine ad anni di controversie ma ha costretto le banche a pagare multe salatissime e a sostenere oneri amministrativi incalcolabili per adeguarsi alle procedure previste dal Dipartimento di Giustizia oltreoceano.

 

A questo proposito Fabio Oetterli, Avvocato dell’Associazione Svizzera dei Banchieri, ha dichiarato al sito swissinfo.ch:

 

“Inizialmente si pensava che le multe inflitte da Washington avrebbero rappresentato i due terzi dei costi di questa procedura, mentre le spese per gli avvocati un altro terzo. Questo rapporto si é ormai invertito con il passare del tempo”.

 

Non bisogna dimenticare poi i costi in termini di reputazione (ma non solo) dei Governi nel continuare a difendersi dall’accusa di essere dei paradisi fiscali. Costi che diventano ancora più alti - oltretutto - quando si riesce a dimostrare che tale accusa é vera, come nel caso della “Lista Falciani” in Svizzera, ma anche dello scandalo che nel 2008 ha colpito il Liechtenstein e che ha portato alla restituzione di quasi 30 miliardi di euro al solo fisco tedesco. Circostanza tanto più umiliante, quest’ultima, se si considera che diverse fonti hanno sostenuto che la lista dei nominativi sia stata ottenuta dalla Germania pagando 4,6 milioni di euro a un ex dipendente della Banca LGT, e soprattutto che la stessa lista comprendeva nominativi riguardanti diversi Stati aderenti all’OCSE.

 

Con riferimento sempre all’OCSE bisogna ricordare come tutti gli accordi siano stati ricavati dal modello Tax Information Exchange Agreement (TIEA) a riprova del fatto che le armi della politica per contrastare l’evasione saranno sempre di più standardizzazione, trasparenza e cooperazione internazionale puntando così, di riflesso, a escludere dai giochi che contano gli stati che non si adegueranno agli standard fiscali.

 

Nel giro di pochissimo tempo sono caduti tre dei principali baluardi del segreto bancario ed é indubbio che le cause non siano da ricercare soltanto nella bravura dei negoziatori italiani, ai quali va riconosciuto comunque un grande merito, ma anche nel mutato contesto internazionale, che già da qualche anno sta stringendo il cerchio contro il segreto bancario in nome di una finanza più trasparente.

 

Sarebbe sbagliato in ogni caso aspettarsi una pioggia di denaro e festeggiare il giusto risarcimento per i danni dell’evasione fiscale, quanto é necessario un approccio pragmatico che tenga conto anche delle eventuali criticità connesse a questo repentino cambio di prospettiva.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marcello Moi, redazione@exportiamo.it

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