L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo EconomicoOCSE ha pubblicato il 9 febbraio scorso il Rapporto “Going for Growth 2015”, resoconto annuale sulle riforme strutturali avviate in 34 paesi membri.

La crisi finanziaria e la ripresa modesta hanno ridotto notevolmente il potenziale di crescita per gran parte dei paesi avanzati che si ritrovano ad affrontare sfide a breve termine importanti quali disoccupazione, sostenibilità del debito pubblico e fragilità del sistema finanziario, in un quadro che la crisi ha contribuito a rendere ancora più complesso con un aumento del disagio sociale che interessa le fasce più deboli della popolazione e che espone al rischio povertà soprattutto i giovani. Nel lungo periodo invece le sfide saranno ancora più complesse e si dovranno fare i conti ad esempio con il costante invecchiamento della popolazione, con l’aumento della disparità di reddito e con tutte le questioni connesse all’impatto ambientale della crescita economica.

L’OCSE ritiene che queste dinamiche accomunino sempre di più sia i paesi avanzati che le economie emergenti.

Obiettivo del rapporto é proprio quello di dare una valutazione complessiva ai processi di riforma attuati ed aiutare i governi a riflettere sugli effetti nel delineare le priorità di intervento.

Le priorità di riforma principali sono individuate nell’incrementare i redditi reali e l’occupazione sia nelle economie più avanzate sia nei maggiori paesi emergenti e riguardano essenzialmente la regolamentazione dei mercati dei prodotti e del mercato del lavoro, istruzione e formazione, sistemi fiscali e previdenziali, le norme in materia di commercio e investimenti e le politiche a favore dell’innovazione.

Il risultato sperato é l’incremento del tenore di vita materiale nel medio termine ma appare necessaria l’affermazione di sinergie e complementarità con altri obiettivi in termini di benessere, quali la riduzione delle disparità di reddito e delle pressioni sull’ambiente.

Nel passare in rassegna i progressi delle riforme strutturali nell’ultimo biennio nei paesi avanzati si é assistito ad un rallentamento del processo riformatore a seguito dell’accelerazione impressa dalle necessarie risposte alla crisi.

L’attività riformatrice é comunque ancora intensa e si é focalizzata principalmente sull’istruzione e sulle politiche attive del mercato del lavoro.

Tra le priorità fondamentali per raggiungere gli obiettivi di crescita vi é innanzitutto la produttività del lavoro che ne rappresenta il principale impulso a lungo termine. Questa si deve realizzare favorendo riforme volte allo sviluppo delle competenze e del capitale basato sulla conoscenza attraverso soprattutto il miglioramento della qualità e dell’inclusività dei sistemi di istruzione.

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Fondamentale appare poi andare a intervenire sulla redistribuzione delle risorse puntando all’affermazione di politiche di concorrenza e innovazione che favoriscano l’ingresso di nuove imprese per dare impulso a una redistribuzione di lavoro e capitali nei settori più produttivi, questo é particolarmente vero nei paesi del Sud della zona euro (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo) dove - per raccogliere i frutti delle riforme del mercato del lavoro introdotte negli ultimi anni - sono necessarie riforme del mercato dei prodotti e soprattutto nel settore dei servizi.

La crescita deve garantire inclusività, puntando a rimuovere gli ostacoli a una maggiore occupazione e partecipazione nel mercato del lavoro di donne, giovani, lavoratori scarsamente qualificati e anziani: solo promuovendo una più rapida redistribuzione verso nuove attività e consentendo ai lavoratori di migliorare le proprie competenze, é possibile stimolare l’occupazione e promuovere l’inclusione. ?

Il rapporto mette poi in guardia su come le riforme strutturali a favore della crescita e distribuzione del reddito dovranno ponderare le possibili disuguaglianze legate alla tecnologia che potrebbero incrementare le differenze salariali tra i lavoratori dipendenti.

Viene ribadito ulteriormente come i governi dovrebbero dare la priorità a pacchetti di misure a favore della crescita, che aiutino a promuovere uguaglianza e inclusione, ad esempio aumentando il potenziale di reddito dei lavoratori scarsamente qualificati e facilitando l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. ?

Per quanto riguarda invece le riforme strutturali a favore della crescita, l’ambiente e le politiche ambientali viene richiamata l’attenzione sugli effetti ambivalenti delle politiche di crescita sulle pressioni nei confronti dell’ambiente, ma un riequilibrio é possibile favorendo misure virtuose quali crescenti imposte ambientali, introduzione di pedaggi stradali ed eliminazione di sovvenzioni dannose per l’ambiente così come il miglioramento dello stato di diritto e delle politiche di concorrenza favoriscono, più in generale, l’efficacia delle politiche ambientali. Il rischio da evitare é soprattutto quello di non scadere nell’assolutismo, ma di essere in grado di applicare la necessaria flessibilità nell’adozione delle politiche in materia così da non arrecare danni considerevoli alla produttività dell’intera economia.

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Il rapporto, giunto quest’anno alla X^ edizione, offre anche una “retrospettiva” sulle tendenze delle riforme strutturali dal 2005 ad oggi evidenziando come si sono avuti miglioramenti sostanziali nella regolamentazione del mercato dei prodotti, nell’elaborazione dei sistemi pensionistici e nei programmi di sostegno al reddito contro la disoccupazione.

Viene segnalato come negli ultimi quindici anni l’affermazione di queste misure ha favorito un incremento medio del PIL potenziale pro-capite del 5%. Guardando in prospettiva invece, viene segnalato come ulteriori riforme in direzione delle migliori pratiche esistenti potrebbero incrementare fino al 10% il PIL pro capite a lungo termine nella media dei Paesi dell’OECD che in sostanza corrisponde ad un incremento medio di circa 3 000 USD pro capite.

Andando a noi, nel capitolo dedicato al “Belpaese”, viene segnalato come il reddito pro capite dell’Italia é sceso ancora più in basso rispetto alle principali economie OCSE a causa della mancata ripresa dalla recessione e il gap rispetto ai primi 17 paesi OCSE é passato dal 22,7% al 30% dal 2007 al 2013

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Osservando gli indicatori, in base ai calcoli OCSE, il PIL potenziale pro capite dopo essere aumentato dello 0,2% medio annuo nel 2003-2008, é in calo dello 0,6% nel 2008-2013. L’utilizzo potenziale del lavoro é passato da +0,2% del primo periodo a -0,4% del secondo e il tasso di partecipazione al lavoro, -0,1% medio annuo nel 2002-2008, é diminuito ulteriormente nel 2008-13 (-0,2%), mentre l’andamento del tasso di occupazione é passato da +0,2% a -0,2%. La produttività potenziale dallo 0 del 2003-2008 é peggiorata o -0,2% medio annuo nel quinquennio successivo.

Nell’ultimo biennio inoltre gli sforzi per le riforme sono rallentati rispetto al 2011-12ma viene segnalato come:

“Il governo ha recentemente completato le prime tappe del suo esteso programma di riforme strutturali portare avanti questo programma con determinazione, applicando in modo efficace le riforme preesistenti, dovrebbe aiutare a raggiungere una crescita piu’ robusta e inclusiva”.

L’Italia dovrebbe ridurre il cuneo fiscale e migliorare l’efficienza del sistema di tassazione, complicato dal punto di vista normativo nell’ottica di affermare una lotta più decisa all’evasione che rimane elevata.

Negativo é il giudizio anche per l’altalena delle frequenti modifiche alle tasse sugli immobili che negli ultimi anni hanno portato instabilità e incertezza e l’Italia é invitata a:

“Ridurre le distorsioni e gli incentivi a evadere riducendo le elevate aliquote nominali e abolendo numerose voci di spesa.”

E’ necessario quindi intervenire sull’instabilità della legislazione fiscale evitando misure provvisorie e sanatorie fiscali e continuando a ridurre le tasse sul lavoro.

E’ positivo infatti il giudizio sullo “Jobs Act” perché “ha rimosso la maggior parte dei limiti all’utilizzo dei contratti a breve termine per un totale di tre anni e da’ mandato al governo di introdurre una serie di riforme potenzialmente importanti entro la metà del 2015”. Il provvedimento dovrà però essere accompagnato da una rete di sicurezza sociale più estesa e dallo sviluppo di politiche attive del mercato del lavoro.

In Italia - come ognuno verifica sulla propria pelle, soprattutto le giovani generazioni - esiste un mercato del lavoro duale con una protezione molto alta limitata ad alcune categorie contrattuali e la rete di sicurezza sociale é “relativamente frammentata”, appare dunque necessario che l’esecutivo continui a ridurre la dualità attraverso l’affermazione di una maggiore flessibilita’ in entrata e in uscita e di procedure legali piu’ lineari e meno costose.

Bocciato anche il nostro programma di privatizzazioni che – andando oltre gli annunci - non ha raggiunto gli obiettivi prefissati, pertanto il governo viene invitato a portare avanti le privatizzazioni ed eliminare i legami proprietari tra enti locali e fornitori di servizi.

Fondamentale appare poi intervenire su sistema educativo e formazione. Vi é un basso rapporto tra benefici e costi e si dovrebbe fare di più per migliorare le chance dei giovani meno qualificati puntando a migliorare equità ed efficienza del sistema. Le ristrettezze di bilancio hanno portato la spesa per la scuola nettamente al di sotto della media OCSE, mentre tra le raccomandazioni si segnalano il rafforzamento del sistema di valutazione a livello secondario, l’ampliamento dell’istruzione professionale post-secondaria, l’aumento delle tasse universitarie e l’introduzione di un sistema di prestiti agli studenti con rimborsi basati sul reddito.

E’ necessario poi rimuovere le barriere alla concorrenza gravata in particolare dall’inefficienza dei tribunali civili e dalle leggi fallimentari che nonostante alcuni miglioramenti, comportano ancora procedure di recupero dei debiti più lente e costose che in altri paesi, mentre é opportuno digitalizzare le procedure soprattutto per rendere più snella la giustizia civile.

Ieri a Roma é stato invece lo stesso Segretario Generale dell’OCSE, José Angel Gurria a presentare l’aggiornamento dello Studio Economico sull’Italia.

Nello Studio si riconosce al Governo italiano “un ambizioso programma di riforme di ampio respiro per stimolare la crescita” ma si osserva come “in passato, molti progetti validi di riforma non sono stati pienamente attuati, impedendo all’economia di beneficiare interamente dei loro effetti”

Le principali raccomandazioni sono quindi quelle di compiere le riforme e garantire una formulazione chiara della legislazione, supportata da una Pubblica Amministrazione più efficace. Necessario poi, sul piano legislativo, ridurre il ricorso ai decreti legge e snellire il sistema giudiziario incoraggiando la mediazione. Sul piano della competitività si suggerisce la creazione di una Commissione per la Produttività e una concreta lotta contro la corruzione con un riferimento puntuale all’Autorità Nazionale Anti Corruzione - ANAC che “ha bisogno di stabilità, continuità, nonché di supporto a tutti i livelli politici”.

 

Se il governo italiano riuscirà ad attuare in pieno il programma di riforme, i provvedimenti potrebbero determinare un incremento del PIL pari al 6% entro i prossimi 10 anni e guardando al breve termine invece, secondo lo Studio, Il PIL italiano crescerà dello 0,4% quest’anno e dell’1,3% nel 2016.

 A quanto pare come sempre il lavoro non manca per la nostra classe dirigente, si spera impegnata a provare a risollevare le sorti di un paese in crisi, ma anche per ogni singolo cittadino che deve essere in grado di riconsiderare orizzonti non più spendibili nel mondo d’oggi.

 

Non rimane che sperare in una pagella migliore.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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