I Paesi del Medio Oriente e del Golfo produttori di idrocarburi - nonostante l’alto livello d’instabilità nell’area e più in generale i fermenti che hanno attraversato l’intero mondo arabo in questi ultimi anni - promuovono costantemente investimenti infrastrutturali al fine di attrarre investimenti stranieri considerati necessari per garantirsi all’orizzonte la possibilità di riuscire nella diversificazione dell’economia ancora oggi troppo dipendente dall’estrazione di idrocarburi.

Un’attenzione particolare dalla nostra prospettiva la merita sicuramente il Sultanato dell’Oman.

L’Oman non é una democrazia ma finora ha sempre goduto di un profilo politicamente stabile e può contare su una rilevante valenza strategica e geo-politica.

I dati del Centro Nazionale Statistico Omanita aggiornati al febbraio 2013 registrano - tenendo conto anche degli espatriati omaniti (1,63 milioni) - una popolazione di 3,83 milioni di abitanti e a prima vista il mercato omanita potrebbe quindi sembrare contenuto e poco appetibile, ma é la posizione ad essere considerata d’importanza strategica nella regione e in particolare per l’exclave della penisola di Musandam - distante dalle coste iraniane solo 55 km – che domina lo stretto di Hormuz e di conseguenza l’accesso al Golfo.

La vita politica dell’Oman é dominata dalla figura del Sultano Qaboos bin Said Al-Said - al potere da oltre 40 anni - che detiene le principali cariche istituzionali dello Stato.? In Oman, non é ammessa la costituzione di partiti e sindacati che non siano di emanazione governativa o di corporazioni mentre viene incoraggiata la partecipazione, su base individuale, al processo politico e la partecipazione femminile alla vita politica, economica e sociale del Paese.?

L’ormai vecchio sultano dal luglio 2014 vive in Germania per sottoporsi a cure mediche e all’orizzonte si profila il problema della sua successione. Qaboos può comunque ancora contare su un ampio sostegno popolare puntellato non solo dalla fedeltà dei servizi di sicurezza e dalla forza delle strutture sociali tradizionali, ma anche dal lento processo di riforma avviato nel 2011-12 a fronte del montare della protesta che ha portato anche alla concessione di limitati poteri legislativi al Majlis al Shura e l’impegno di raggiungere (gradualmente) standard giuridici più moderni.?

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Anche nel caso dell’Oman la geografia é destino e la coscienza della propria “grandezza” al cospetto di vicini ingombranti (Iran, Arabia Saudita e Yemen) rendono necessario un approccio che punta all’equilibrio ma anche a cogliere le opportunità che derivano dalle sue peculiari caratteristiche.

Si tratta sostanzialmente di un paese conservatore, oculato nella gestione economica mentre in politica estera a Mascate domina necessariamente l’approccio “friends of all, enemy of none”.

L’approccio é filo-occidentale e può vantare legami privilegiati con il Regno Unito e con gli Stati Uniti, punto di riferimento costante delle scelte in materia economica e di difesa certificato dalla presenza delle basi americane di Masirah e Thumrait utilizzate anche per i raid contro lo Stato Islamico e dalla conclusione di un Accordo di Libero Scambio nel 2009.

Va inoltre segnalato come il sultanato sia stato il mediatore in diverse trattative che hanno avvicinato Teheran e Washington sul nucleare e che nel mese di novembre 2014, l’Oman ha ospitato due giorni di colloqui ad alto livello tra l’Iran, l’Unione europea e gli Stati Uniti in vista della scadenza del 24 novembre per un accordo globale sul programma nucleare iraniano, decisione rinviata poi a giugno 2015 durante i successivi colloqui di Vienna come abbiamo avuto modo di analizzare anche su Exportiamo.

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Nonostante la sua naturale vocazione islamica e in ragione del fatto che i porti omaniti sono situati al di fuori dello stretto di Hormuz - in posizione più accessibile per le navi provenienti dall’Asia sul lungo tratto di costa omanita sull’Oceano Indiano - il sultanato ha intensificato i rapporti commerciali nei vicini mercati asiatici quali India, Pakistan, Cina e i Paesi dell’Asia Centrale e la quasi totalità della produzione petrolifera omanita viene esportata in Asia.

Il ruolo della Cina - con la quale il Sultanato ha firmato accordi bilaterali in molti settori e ha organizzato una serie di scambi di visite ad alto livello - diviene é come altrove via via crescente: mediamente sono destinate a Pechino il 46% delle esportazioni di petrolio omanite.

Il Sultanato presenta numerose opportunità anche oltre il settore petrolifero con un ruolo speciale per infrastrutture, costruzioni e macchinari mentre altri settori che presentano opportunità crescenti soprattutto per il “Made in Italy” sono turismo, energia, ambiente, trasporti marittimi, acquicoltura e pesca, sicurezza alimentare e sanità.

L’investimento più considerevole é nelle PMI e questo rappresenta un possibile settore di cooperazione bilaterale dove la nostra esperienza e la nostra stessa morfologia industriale – croce e delizia del Sistema Italia – rappresentano sicuramente dei vantaggi competitivi da mettere in gioco.

Nel periodo 2015-18 secondo le stime dell’Economist, la crescita del PIL dovrebbe attestarsi tra il 3,4% (2015) e il 3,9% (2018) e lo sviluppo della produzione e del turismo, accompagnati dai miglioramenti delle infrastrutture, farà aumentare le esportazioni non petrolifere.

Il Governo infatti con il Piano di Sviluppo “2020 Vision” prevede investimenti per circa 60 miliardi di euro, con un incremento del 113% rispetto al precedente piano quinquennale e ha come obiettivo finale la realizzazione di un polo logistico integrato che - attraverso l’ampliamento delle strutture esistenti e la realizzazione di nuove opere - assicuri l’inter-operabilità dei trasporti attraverso l’integrazione di aeroporti, porti, strade e ferrovie e le autorità stanno inoltre puntando sullo sviluppo del settore turistico ampliando significativamente l’offerta nazionale in termini di alloggi e servizi, offrendo sicuramente prospettive di crescita per i prodotti “Made in Italy”.

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Attualmente l’attenzione internazionale é puntata sul programma di sviluppo dell’area di Duqm considerata un paradiso fiscale per gli investimenti e anche una potenziale destinazione turistica che ha ricevuto e sta ricevendo un forte sostegno in termini di investimento pubblico ed é destinata alla produzione industriale plurisettoriale ed alla logistica. Si tratta di 1.777 km quadri e 80 chilometri di costa lungo il Mare Arabico situata nella regione centrale di Al Wusta, a metà strada tra Mascate e Salalah i due centri principali del paese.

Negli ultimi anni la presenza italiana é cresciuta notevolmente e sono sempre più numerose le società italiane che approdano in Oman in joint-venture con partner locali come previsto dalla normativa con una quota minima omanita pari al 30% e non, come in altri Paesi, maggioritaria, mentre il capitale sociale minimo é di 300.000 euro.

In Oman non é presente né l’imposta sul valore aggiunto né quella sulle persone fisiche e i diritti di dogana sono, per la quasi totalità, pari al 5% essendo l’Oman dal 2000 membro WTO e inoltre se si produce nelle zone franche si beneficia dell’esenzione totale dei dazi verso mercati, come l’India, che hanno firmato specifici accordi commerciali con Mascate.

Tra le attività italiane più presenti vi sono studi di architettura, società di progettazione e costruzione e società di import-export.

A marzo invece si deciderà a chi affidare una gigantesca opera pubblica, la più grande mai realizzata nel paese, una ferrovia nel deserto di 2.200 chilometri di binari da costruire ex novo, un’opera dai costi stimati intorno ai 20 miliardi di dollari e tutto il mondo é naturalmente in fila. Entro fine gennaio – come riporta il Sole 24 ore - vanno presentate le offerte e attualmente ad andare in appalto é un primo lotto di circa 200 chilometri di ferrovia tra la città di Sohar, sulla costa a nord della capitale, fino a raggiungere Buraimi, nell’entroterra, al confine con gli Emirati per un costo di circa 3 miliardi. Questa prima gara ha una forte valenza strategica perché chi si aggiudica il primo appalto, parte sicuramente avvantaggiato sui successivi. Anche in questo caso il nostro paese é in prima fila con tre diversi consorzi e cinque aziende. Saipem e Rizzani de Eccher da un lato, un consorzio capeggiato dalla Condotte Acque Potabili la società idrica e ingegneria di proprietà della multiutilty Iren e del comune di Torino con la partecipazione del gruppo Gavio e  Salini-Impregilo attualmente impegnato nel raddoppio del Canale di Panama a dimostrazione dell’eccellenza italiana nel settore.

L’Italia come sempre si muove e proprio dal 25 al 30 gennaio l’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e la Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche e Elettroniche – ANIE Confindustria hanno organizzato il Roadshow “Technology Days” per le imprese elettrotecniche ed elettroniche italiane in Qatar e Oman, con seminari e incontri B2B, offrendo così alle imprese presenti la possibilità di approfondire le opportunità di business in entrambi i Paesi, con l’obiettivo di stringere proficue sinergie industriali, tecnologiche e scientifiche.

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A dimostrazione invece dell’interesse da parte del sultanato nei confronti del nostro paese, l’Oman é stato tra i primi Paesi ad aderire a EXPO Milano 2015 con un padiglione dedicato al tema “Eredità nei raccolti” che si sviluppa all’interno di un’area complessiva di 2790 metri quadri e racconta la cura con cui gli omaniti tutelano, gestiscono e custodiscono l’acqua, preziosa risorsa vitale in una delle zone più aride della terra.

Per quanto riguarda l’interscambio bilaterale nel 2013 ha superato il mezzo miliardo di euro, con la bilancia che pende decisamente dal nostro lato (435,6 milioni di euro) mentre nei primi 10 mesi del 2014 si registra una flessione del 3,5% delle nostre esportazioni e un “crollo” delle importazioni dall’Oman del 74,5%. Circa il 25% delle nostre esportazioni é costituito da macchinari di impiego generale e speciale mentre l’Italia non importa tradizionalmente petrolio dall’Oman ma prodotti chimici, minerali, metalli, materie plastiche e prodotti dell’agricoltura e pesca.

L’Oman si é dimostrato nel tempo un paese intelligente e dinamico in grado di accogliere con lungimiranza chi é pronto a investire nelle sue potenzialità.

 

I dati dicono che sono molte le potenzialità ancora non espresse dal nostro paese ma come abbiamo visto le opportunità non mancano e non mancheranno per le nostre aziende e il nostro raffinato e innovativo know-how - che il mondo ancora ci riconosce - saprà come sempre dare il suo contributo.

 

Fonte: elaborazione a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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