Nel settembre 2006 Nouriel Roubini durante un suo intervento al Fondo Monetario Internazionale, predisse – in controtendenza rispetto alle analisi e alle contingenze del momento - la crisi che di lì a poco avrebbe travolto gli Stati Uniti, assumendo poi proporzioni globali. Allora fu scambiato per un pazzo pessimista ma solo l’anno dopo fu acclamato invece come un profeta nella stessa sala, dalla stessa platea.
Da allora il Professore della New York University, che ama definirsi “nomade globale”, é tra i più eminenti e seguiti analisti mondiali.
Roubini vede l’eclettismo necessario nell’approccio al nostro tempo e fondamentale per comprendere e descrivere la complessità del mondo globalizzato d’oggi non solo con il rigore accademico per analizzare l’economia globale ma anche con una sofisticata comprensione della politica e una profonda conoscenza del funzionamento dei mercati.
Il suo nuovo progetto “Roubini’s Edge” ha proprio l’obiettivo di far comprendere come la macroeconomia influenza la vita delle persone senza eccessivi tecnicismi, in forma più colloquiale e impegnando la curiosità di un pubblico più vasto.
Nella sua ultima pubblicazione “Five Serious Economic Dangers for 2015 and beyond” disponibile gratuitamente, sempre non per pessimismo ma ponoer realismo, Roubini e il suo team mettono in guardia sui rischi di una “tempesta perfetta” per l’economia mondiale e sulle sue possibili determinanti.
Al giorno d’oggi, la maggior parte delle economie avanzate e delle economie emergenti sono collegate e interconnesse tra loro e così l’andamento negativo di un attore può causare un effetto a catena in tutto il mondo.
Proprio per questo motivo é indispensabile - per qualsiasi investitore intelligente - essere a conoscenza delle forze macroeconomiche e geopolitiche che determinano e condizionano l’attualità.
Nel rapporto citato il team di Roubini’s Edge delinea i cinque rischi maggiori per l’economia mondiale nel futuro prossimo.
Innanzitutto in cima alle preoccupazione vi é il “Crollo dell’Eurozona”.
Il vero e proprio rischio di deflazione potrebbe rendere l’Europa un fattore destabilizzante per l’economia globale considerando naturalmente anche le dinamiche politiche in atto che vedono emergere un po’ ovunque un ritorno ai nazionalismi e l’affermarsi di forze demagogiche e populiste anti-europeiste. Naturalmente sullo sfondo vi é lo scontro tra il rigore tedesco e le richieste da parte degli altri partner europei di allentare la morsa sul rigore.
Agli antipodi si colloca il problema giapponese con il paventato “Rischio di Implosione dell’Abenomics”.
L’obiettivo dell’azione del Premier Abe era rivitalizzare l’industria e alimentare un boom delle esportazioni per favorire assunzioni e investimenti di capitale, anche limitando le importazioni e rendendole più costose in Giappone.
Rispetto agli intenti originari, però, “l’effetto ricchezza” che avrebbe dovuto risultare da un mercato azionario in crescita, é stato annullato da un aumento dei prezzi, da tasse più alte e dal calo dei redditi reali. Ci sono anche in questo caso le premesse per un fallimento che trova la sua ragione anche nel fatto che le riforme strutturali promesse non riescono ad essere tempestive nel rilanciare la crescita della produttività e dell’occupazione.
Il terzo rischio é invece individuato nel difficile “Riequilibrio dell’economia cinese”.
Il sistema finanziario é a rischio crisi e la Cina deve concentrarsi sulla stabilizzazione del sistema bancario piuttosto che investire in infrastrutture e immobiliare. Il rischio é l’esplosione di una “bolla immobiliare” e per rendersi conto delle proporzioni, basta pensare che tra il 2011 e il 2013 la Cina ha consumato più cemento degli Stati Uniti in tutto il XX^ secolo e con i prezzi degli immobili in calo e la crescita economica che rallenta rapidamente, il sistema finanziario cinese é esposto a rischi di notevole stress. La Cina ha bisogno di guadagnare tempo per realizzare la transizione da un sistema centralizzato alimentato dal debito e dagli investimenti, ad un’economia aperta e ad alta intensità di manodopera, in cui sono i consumatori e i mercati a guidare e sostenere la crescita. E’ evidente come se la crescita cinese rallenta, bisognerà attendere un bel po’ di tempo per assistere ad una rapida espansione in molti mercati emergenti.
Il quarto serio pericolo per l’economia mondiale é invece rappresentato dai “Rischi geopolitici in costruzione”.
Storicamente, tensioni geopolitiche e politiche hanno una probabilità maggiore di innescare il contagio globale se coincidono con rischi finanziari sistemici. E tali rischi stanno aumentando così come le crisi in giro per il mondo.
L’Europa é lacerata dal conflitto russo-ucraino, in Medio Oriente si lotta contro l’avanzata dello Stato Islamico e le conseguenti minacce di nuovi attacchi all’Occidente e il prezzo altalenante del petrolio mettono a serio rischio la tenuta sociale in alcune realtà complesse e difficili come Iran, Russia, Nigeria, Libia e Venezuela.
L’invito é alla coscienza e alla consapevolezza che le tensioni geopolitiche in atto, potrebbero innescare una letale reazione a catena in qualsiasi momento interessando l’intera economia mondiale.
L’ultima minaccia individuata nel paper di Roubini é invece quella legata al “Dollaro forte, uno shock per il sistema globale”
Il recente rafforzamento del dollaro é visto come un segnale positivo per la maggior parte degli americani, ma gli effetti potrebbero essere limitati dalle conseguenze sui mercati emergenti. Un valore costantemente crescente del dollaro porterebbe ad una ripresa degli squilibri mondiali delle partite correnti e all’accumulo di debiti pubblici e privati che sono stati una delle cause della crisi finanziaria globale.
Ad emergere in conclusione é una realtà economica che vede il motore americano come l’unico a pieno regime che deve farsi carico anche delle inefficienze e dei rallentamenti delle altre forze motrici dell’economia mondiale (Europa, Cina e Giappone) con il rischio concreto di un atterraggio duro per l’economia e i mercati finanziari internazionali.
Fonte: elaborazioni a cura di Exportiamo sulle “analisi di Nouriel Roubini”, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it